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mercoledì 3 febbraio 2010
Le scintille delle anime vagabonde
Bello, questo libro, bello fin dal titolo, Scintille, che non evoca soltanto frammenti di vita che si accendono e si spengono, tracce di luce che solcano la storia, perché sono storie nella storia, evocano ancora di più, si riallacciano addirittura alla Qabbalah ebraica, rimandano al frenetico incessante movimento di anime vagabonde, all'impossibilità di trovare pace per chi ha dovuto sopportare la violenta separazione dal corpo e prima ancora dalle proprie radici, dai propri luoghi.
Anime vagabonde in questo senso, non in quello della canzone italiana, sono anche tante figure della famiglia Lerner, una famiglia ebrea segnata, mutilata, plasmata dalle grandi tragedie del Novecento. Famiglia errabonda, famiglia in movimento, appunto, famiglia che negli anni, per scelta o per costrizione, ha costruito ponti tra l'Europa Orientale e il Mediterraneo levantino.
Poi quei ponti sono crollati, anzi, peggio, sono sparite le terre stesse che quei ponti dovevano unire. Inghiottito nel nulla il secolare mondo dell'Est europeo che pareva inconcepibile senza i suoi ebrei, nei villaggi e nelle grandi città come Leopoli che raccoglievano milioni e milioni di anime con i loro partiti, i loro mistici, i loro grandi scrittori: un popolo cancellato, una lingua svanita, una presenza che si è fatta ombra.
Ma sparito è anche il Levante come era prima del 1945 e dell'esplosione dei nazionalismi, passato che facciamo fatica a immaginare, ugualmente inconcepibile, quando lungo le coste bagnate dal Mediterraneo una strada senza frontiere poteva unire Beirut a Tel Aviv.
In questi mondi svaniti, inseguendo i nomi e i ricordi di famiglia, prova a inoltrarsi Gad Lerner, uomo nato in Libano, arrivato apolide in Italia (e chissà se oggi un altro apolide potrebbe costruirsi un'analoga carriera nel nostro paese... ma questa è solo una divagazione).
Bello, questo libro, che non si volge solo al passato, ma è viaggio anche nel presente, che esalta il senso del viaggio allungando lo sguardo, la capacità di vedere, con altre importanti letture, che non si chiude nella genealogia domestica, nell'album di famiglia, ma costruisce un mosaico di storie.
E' il primo libro che leggo sulla Beirut di questi anni, ma che mi racconta anche i "viaggi della memoria" in paesi dove solo il vuoto, il deserto, può dire qualcosa di quello che è stato. Meno convincenti, a mio parere, le pagine sul padre, dure senza essere necessarie. Anche se, va detto, Gad Lerner su questo è fin dall'inizio franco e diretto, senza possibilità di equivoci. E la sincerità merita sempre.
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Un po' come Francesco Petrarca, il primo intellettuale veramente apolide... con orizzonti europei.
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