lunedì 7 giugno 2010

Alice e la meraviglia del mondo


(L'intero testo lo trovate nel terzo volume di Le parole e il silenzio, curato dal sottoscritto e da Massimo Orlandi, per conto della Fondazione Baracchi, in uscita nei prossimi giorni in libreria)

Mi sa che di lei ci vengono in mente più i disegni animati di Walt Disney che le pagine dell'uomo che l'ha creata, quel Lewis Carroll che poi era nientemeno che un logico e un matematico britannico, insomma, un uomo di studi rigorosi piuttosto che di fantasie al galoppo.

Capita con gli scrittori, però la cosa conta fino a un certo punto, perché Alice è uno di quei personaggi che vivono di vita propria. Un giorno nascono dalla penna o dalla matita di qualche artista e non si fermano su quel foglio, prendono e se ne vanno in giro per il pianeta, come una leggenda che rimbalza di bocca in bocca e a ogni passaggio si alimenta di idee fresche, di emozioni calde calde.

Alice, anzi, per dirla tutta: Alice nel Paese delle Meraviglie.

Alice quella giornata di primavera in cui incontra il Coniglio Bianco che corre e borbotta fra sé e sé “E' tardi, è tardi”. Alice che lo insegue e cade nella sua tana e di lì in un altro mondo, dove tutto è al contrario di come dovrebbe essere, dove niente torna e ogni cosa sembra fatta apposta per alimentare lo stupore e sfidare l'incredulità.

Alice che non scappa ma si addentra ben bene in questo paese di Cappellai matti e di Stregatti, meraviglia dopo meraviglia. Alice che alla fine viene processata e condannata e sta per essere decapitata, solo che un istante prima si sveglia e allora si capisce che è stato solo un sogno: e questa è senz'altro la parte che a tutti piace meno.

Quante cose che ci insegna Alice: per esempio la curiosità per questo nostro mondo di ombre e di luci, di presenze e di apparenze, per questo nostro mondo che di tanto in tanto dobbiamo andare a scoprire, magari inseguendo il Coniglio di turno; per esempio il fatto che a volte bisogna anche credere a ciò che si vede, perché non si può ogni volta dubitare di tutto.

Troppo facile pensare sempre che il Paese delle Meraviglie non esiste e così tenersi il proprio paese.

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