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martedì 1 giugno 2010
Maurizio Maggiani racconta la nostra storia
Cade bene domani la Festa della Repubblica, concede l'unico vero ponte di quest'anno e invita alla spedizione al mare, presumibilmente per la prima volta dopo una primavera che non si è nemmeno vista. Ottima cosa, però chissà quanti tra noi avranno modo e voglia di pensare alla Festa della Repubblica. E sottolineo pensare, non celebrare, perché qui semmai si tratta di sfuggire ai fiumi della retorica, alle corone di alloro e alle targhe e alle prolusioni e capire se c'è ancora sostanza.
Per questo mi ha fatto bene l'altro giorno, nell'ambito di Terra Futura a Firenze, sentire uno scrittore come Maurizio Maggiani, per una volta chiamato non a presentare uno dei suoi libri ma a tenere una lezione-chiacchierata sul Risorgimento e dintorni. A dimostrazione che anche cose che ci sembrano noiose, andate, imbalsamate, possono essere ancora vive, tutto dipende dal nostro sguardo, dalla nostra capacità di aprirsi alle emozioni.
E la storia del Risorgimento - che approderà alla nascita del Regno d'Italia ma che ci aiuta anche a capire il senso della nostra Repubblica - è una storia emozionante. Meglio, una storia che potrebbe essere emozionante, come un ciclo di avventure di Salgari. Il problema è che si mette tutto su un piedistallo.
Maggiani ci ha raccontato di quegli anni, in cui due generazioni di italiani si sono prodigate per la giustizia e la libertà - e chi lo direbbe oggi che siamo abituati a ben altre indifferenze. Ci ha raccontato dei trecento giovani e forti che morirono per un ideale e di quel grande uomo - Garibaldi - a cui bisogna rimproverare solo il fatto di aver scritto tre romanzi di rara bruttezza. Perché per il resto, come abbiamo fatto a dimenticare che c'è stato un momento nella storia del mondo in cui un rivoluzionario italiano, condannato a morte in contumacia, poteva essere considerata la persona più potente del mondo?
Ci ha parlato di Mazzini, che in Italia morì da clandestino, le finestre sprangate negli ultimi tre mesi di vita a Pisa, e una sola volta che riuscì a uscire, per andare a salutare la tomba di Ugo Foscolo a Firenze, cosa che fece una notte in carrozza, come un uomo in fuga. E anche della Repubblica Romana, di cui oggi nessuna strada porta il nome, e che pure fu sommossa popolare, solidarietà internazionale, affermazione di libertà, a partire dal primo atto, l'ordinanza che sanciva la libertà di religione e che fece sì che quella notte le porte del ghetto restassero aperte.
Tutto questo ci ha raccontato Maggiani, restituendo vita ai morti, umanità ai cosiddetti eroi: Persone che un giorno dissero, piuttosto che così val la pena di morire per qualcos'altro. Qualcosa che non riesco ancora a vedere bene, ma che riguarda il futuro.
E mentre mi predispongo a una giornata di ozio, ecco, ho nostalgia di un'idea di futuro. Che oggi manca, come no.
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