Quante domande che mi sono posto l'altro giorno, recuperando un vecchio ritaglio di D di Repubblica in cui Giacomo Papi tratteggia la biografia di tredici ghost-writers. Parola, quest'ultima, riferita non tanto a persone che hanno prestato ad altri la loro penna e la loro testa (anche se in fondo sì, anche loro hanno prestato le loro parole, a tutti noi), ma a scrittori che sono spariti come spettri, inghiottiti dalla vita e dalla fatica di vivere, dal tempo e dalle sue offese.
Ecco, leggete la prima "vita", una ventina di righe che mi hanno spalancato una voragine di curiosità.
Gafyn Llawgoch. Il più grande pensatore anarchico del Galles di tutti i tempi nacque a Cardiff il 30 novembre 1900, lo stesso giorno in cui a Londra moriva Oscar Wilde. Era l'unico figlio di Gareth, minatore, e Fynn, cameriera. Per tutta la vita si rifiutò di lavorare, guadagnandosi da vivere scommettendo con intelligenza e misura alle corse dei cani. Si racconta che abbia scritto i suoi unici due libri - Manifesto per un mondo che non c'è (1926) e Beauty is beauty (1931) - sul retro dei tagliandi delle puntate non andate a buon fine. Le scommesse incassate e il conseguente ritiro dei tagliandi da parte dei bookmaker sarebbero, invece, all'origine delle frequenti lacune e salti logici tipici della sua prosa. Lasciò Cardiff soltanto due volte. Nel 1927 per un doppio soggiorno in Urss e negli Usa che consolidò i suoi istinti anarchici. E nel 1953 per il Giappone, dove frequentò il poeta e teorico dei media Junichiro Kawasaki con cui compì un memorabile viaggio a Kyoto in motocicletta e sidecar che ispirò quello di Alberto Granado e Ernesto Che Guevara in Sudamerica. Morì di polmonite nell'autunno del 1967 in una Cardiff che non riconosceva più. Le sue ultime parole furono: "Vivere sarebbe bellissimo, se solo riuscissimo a essere vivi".
Ecco, proprio lui: chi era Gafyn Llawgoch? Ho provato a cercare sulla grande Rete dove si trova tutto e il contrario di tutto, ma nel caso l'ho trovata sorprendentemente avara di notizie.
Quanti scrittori si sono persi così? Quanti libri sono spariti dalle nostre librerie, dalla nostra memoria?
Ma soprattutto come ha vissuto uno scrittore che alla fine ha saputo dire solo questo: Vivere sarebbe bellissimo, se solo riuscissimo a essere vivi?
Coraggio, chi sa qualcosa?
Giacomo Papi se l'e' inventato per non dire che il pensiero citato l'ha scritto lui.
RispondiEliminaciao
La più deludente delle risposte, ma in fondo anche la più intrigante. Quasi sicuramente quella ce mi aspettavo... grazie, paolo
RispondiEliminaE mi sa che anonimo ha ragione....ma pensa te.
RispondiEliminagianc.
già Orazio sosteneva che viviamo alienati dagli altri .... quindi perchè dovrebbe risultare inventata? è solo la ccostatazione dellaverità
RispondiElimina25 OTTOBRE 1929 Wall Street, Gafyn scrisse "proclamare la stupidità dei manager sarà il primo atto delle rivolte future"
RispondiEliminaAnch'io sono rimasta colpita dagli scrittori fantasma, tanto da immaginarmi la vita di Dora Pistillo e di Junichiro Kawasaki in due racconti che ho pubblicato in Dedalus di Puntoacapo Editrice). te ne do un assoggio, puoi trovare tutto in rete, se ti interessa:-)
RispondiEliminahttp://viadellebelledonne.wordpress.com/2011/02/02/junichiro-kawasaki-1-la-fioritura-dei-ciliegi-e-la-geisha/
Cordiali saluti
M.Gisella Catuogno