Dopo Beatrice, Gigetto del Bicchiere, un altro poeta della montagna, un altro poeta che non ha affidato il suo nome ai libri. Parlo di lui in L'ultimo dei poeti, un libro in cui mi interrogo sulla sorpresa, se non il miracolo, della poesia in un uomo che fino a 20 anni non sapeva nemmeno fare la sua firma. Qui sotto un piccolo passo che prova a raccontare un momento di svolta nella vita di Gigetto, quello in cui le parole sulla carta cominciano a prendere forma e significato.
All’origine di tutto ciò che posseggo c’è l’alfabeto.
Questa è una frase che mi piace, il primo rigo di Bella gente d’Appennino di Giovanni Lindo Ferretti, uomo dei nostri tempi che dopo tanto girovagare ha saputo tornare alle sue radici sulla montagna. Penso che una frase del genere abbia a che vedere anche con la storia di Gigetto.
L’alfabeto per lui non è più solo forma, traccia sulla carta. Come le orme lasciate da un animale sulla neve le lettere indicano una direzione. Ma sono anche di più, sono le lenti attraverso cui Gigetto può guardare. Con le lettere ora può vedere. E quello che gli si spalanca è un mondo nuovo.
I libri non gli sono più una cosa estranea. Non sono privilegio dei signori, appannaggio dei letterati. Perfino lui può coglierne il senso e la bellezza.
Cerca anche di farseli prestare e li legge davvero. Qualche opera di poesia addirittura l’acquista. Pensate cosa significa per un montanino abituato a tirare la cinghia, a farsi sempre i conti in tasca. O anche per un povero fante, nell’Italia di quegli anni.
Che cosa rara, un uomo come Gigetto che investe in cultura. Che si dà daffare per procurarsi cibo di parole.
Ricchezza di cui tenere di conto, da non scialacquare come si fa con i soldi per le bevute nei giorni buoni. Da depositare nel cuore, dove nessuno potrà sottrarla. Magari da tenere quanto più possibile a mente, perché si sa, i libri oggi ci sono, ma domani vai a sapere. Vale anche per il mestiere, che nessuno potrà mai togliere, a differenza della casa e del campo. Saggezza contadina, capacità che viene da lontano. Non è difficile imparare a memoria i versi più belli.
Quando ci sarà l’occasione, potrà ripeterli. Nel caso, mescolando quello che ha letto a quello che riuscirà a inventare. Perché è così che si fa. Anche questa è saggezza montanina, le parole ricevute non si tengono per sé; le parole si restituiscono. Allo stesso modo dei semi che ritornano alla terra.
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