Alcuni attimi prima dell'esplosione l'amica di mia madre aveva cercato riparo dai raggi roventi del sole estivo dietro un massiccio muro di mattoni. Da lì aveva visto due bambini che stavano giocando all'aperto disintegrarsi in un batter di ciglia....
Benché allora non fossi in grado di cogliere pienamente la portata di tutto ciò, sento che è stato quel racconto terrificante a suscitare in me il bisogno impellente di diventare scrittore.
Nel sessantacinquesimo anniversario della bomba su Hiroshima, mentre ancora il mondo non è riuscito a liberarsi degli arsenali atomici, è bello, intenso, importante l'intervento del grande scrittore giapponese Kenzaburo Oe che la Repubblica ospita oggi.
Mi ha colpito pensare che tra le infinite e imponderabili conseguenze di quell'atto criminale che fu l'atomica sul Giappone ci sia stata anche la scelta di un uomo di vivere di parole. Mi ha colpito, qualche riga più tardi, il suo rimpianto:
Mi ossessiona il pensiero di non essere mai stato in grado di scrivere un "grande romanzo" su chi ha subito quel bombardamento e sui successivi cinquanta e più anni dell'era atomica che ho vissuto. Oggi penso che scrivere quel romanzo fosse l'unica cosa che veramente volevo fare.
Quel romanzo lo attendo anch'io. E chissà che le parole nate dalla bomba non possano aiutare davvero a cancellare la possibilità di altre bombe nel nostro futuro. Ci credo perché credo nell'immensa potenza delle parole.
Una piccola isola di parole nel grande oceano della rete per condividere libri e mondi
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