A guardare sulle pagine di un atlante o fotografati da un satellite, gli arcipelaghi dei Mari del Sud fanno pensare ai disegni delle costellazioni. E i primi navigatori che, lasciatisi alle spalle Capo Horn, si avventuravano nell'insondabile vastità del Pacifico, non sono forse stati gli uomini reali più simili, per coraggio e amore dell'ignoto, ai cosmonauti dei romanzi di fantascienza?
Inizia così il bel pezzo di Emanuele Trevi che sull'ultimo numero di Tuttolibri ci porta nei Mari del Sud attraverso le pagine di alcuni dei grandi dell'Ottocento, da Herman Melville a Robert Louis Stevenson.
Inferno e delizia, queste immense distese d'acqua, queste poche terre strappate all'oceano. Profumi di spezie e vulcani agitati dalla notte dei tempi, libertà e tabù, indolenza e violenza.
E mi chiedo quanto di tutto questo è entrato nel mio immaginario di soppiatto, grazie alla penna di uno di questi grandi. Quanto queste isole dei Mari del Sud sono reali - ma esistono davvero o appartengono al regno della mia fantasia? - e quanto mi sono entrate di contrabbando, grazie alle pagine di un romanzo di pirati e avventurieri.
Poi penso che solo l'altro giorno ero al Museo degli Scrittori di Edimburgo, un museo piccolo piccolo, poco frequentato rispetto agli altri di questa splendida città, per questo più accogliente, più indulgente con i tempi interiori.
Una stanza è tutta dedicata a Stevenson, sulle pareti spiccano splendide foto in bianco e nero di quelle stesse isole dove cercò scampo alla sua malattia del corpo e forse anche a un'altra malattia più impalpabile.
Vita vera, non romanzo, laggiù.
Mi hanno fatto bene, quelle fotografie. Un'iniezione di realtà che a volte fa bene, contro ogni tentazione di costruirsi un immaginario troppo su misura, buono fino a che non metti via quel libro, o non cedi a qualche allergia.
Una piccola isola di parole nel grande oceano della rete per condividere libri e mondi
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