martedì 3 agosto 2010

Pietro Grossi e quell'impercettibile gesto del barman

- Ho sempre sognato di fare una cosa come quella.
- Di che parli, Franck?
- Quella cosa lì, quell'impercettibile cenno al barman, come se lo conoscessi da sempre e vi intendeste all'istante 


E dunque, premesso che dei libri che ho letto di Pietro Grossi quello che mi è piaciuto di più è ancora il primo, i tre racconti di Pugni, tanto di cappello alla sua capacità di scrittura, al modo con cui sa sbozzare personaggi, raccontare storie, affrontare temi complessi con pochi tratti e un'economia di parole che rimanda ad alcune grandi lezioni della letteratura americana.

A volte, lo ammetto, sembra anche una scrittura furba, smaliziata, compiacente (più che compiaciuta), ma questo, mi sa, è il pregiudizio di chi è in animo di spaccare il capello in quattro e non vuole ammettere con se stesso che si può anche giocare con le situazioni e i generi senza riuscire affatto banali.

E' questo il caso di Martini, ultimo lavoro pubblicato per Sellerio. Poche pagine - più un racconto che un romanzo - la sensazione di cose già viste - penso proprio in qualche film americano, magari in bianco e nero - una trama esile e diluita nel tempo, scandita da gesti inchiodati dalle parole (vedi l'impercettibile gesto del barman).

E in tutto questo una riflessione non banale sui temi della vocazione letteraria, sul difficile rapporto tra autenticità e successo, sul significato che la scrittura o l'affermazione tramite la scrittura possono avere per riscattare o meno un'intera vita. E quanto ci sarebbe da scrivere, in realtà, su tutto questo...

Una lettura rapida, ideale per chi sotto l'ombrellone poi potrà chiudere gli occhi per andare lontano con i pensieri...

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