Diceva Giovanni Fattori: L'arte è un sentimento, non un mestiere. Stato d'animo, insomma, non tecnica.
Lo diceva lui che probabilmente era il più grande, ma mi piace pensare che questo possa valere per tutti i Macchiaioli, quel gruppo di pittori che nell'Ottocento rappresentò davvero qualcosa di dirompente sulla scena italiana.
Respiro europeo e radici ben piantate in terra. Plein air e una luce come finora non s'era mai vista. Allergia per ogni accademia e ideali respirati a pieni polmoni, il Quarantotto e gli studenti in prima linea, Garibaldi e l'Italia che si andava facendo.
Nelle Lettere dei Macchiaioli, curate da Lorella Giudici per Abscondita, si coglie qualcosa di tutto questo. Non è un libro essenziale, come quasi sempre non lo sono le raccolte di lettere private. Eppure è un piacere vedere che cosa c'era dietro quadri tante volte visti al museo o sulle copertine.
Amicizie e conti in tasca, ambizioni e trattative con mercati d'arte. E perfino qualche caduta di stile per così dire.
Leggete cosa Federico Zandomenighi scriveva a Diego Martelli, a proposito proprio di Fattori:
La pittura di Fattori non esiste sotto nessun punto di vista nè come mestiere né come arte. E' una pittura triste come la fame e rivela un'ignoranza assoluta per parte di chi l'ha commessa
Come dire, che insieme si poteva fare anche notte al caffè, ma poi se non la lingua almeno il pensiero si scioglieva liberamente sulla carta: e non sempre veniva fuori il meglio.
Una piccola isola di parole nel grande oceano della rete per condividere libri e mondi
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