Quante cose che successero quel giorno a Solferino e quante vite si consumarono su quel campo di battaglia. Era il 24 giugno 1859, l'Italia forse nasceva lì, in quel gigantesco mattatoio dove si scannarono francesi, piemontesi, austriaci e i soldati di diversi altri popoli nemmeno menzionati (dalle truppe africane di Napoleone III agli slavi degli Asburgo).
Fu tanto il sangue che quel giorno inzuppò la terra, tanta la sofferenza delle carni straziate e amputate. Quella sera, finito tutto, un uomo che sapeva essere visionario e concreto allo stesso tempo immaqinò qualcosa che non c'era mai stato prima. Era uno svizzero, un "neutrale" insomma, si chiamava Henry Dunant e da lì a
qualche anno avrebbe fondato la Croce Rossa.
Quante cose sono successe a Solferino e quante cose oggi non si possono nemmeno intuire, aggirandosi per quei luoghi. Io non ci sono mai stato, ma mi sa che nè le lapidi, né i monumenti e nemmeno gli ossari possono davvero raccontarci cosa successe.
Il tempo è stato come un sipario calato, in un teatro dove il pubblico se ne è andato da un pezzo.
Per questo è bella l'idea di Ulrich Ladurner, giornalista di Merano che a Solferino ci è tornato senza accontentarsi dei suoi occhi di uomo dei nostri tempi. Raccontandoci poi tutto in Solferino. Storia di un campo di battaglia, pubblicato da Il Mulino.
Aveva un tesoro in casa, Ulrich Ladurner, e a lungo nemmeno lo ha saputo: il diario del bisnonno, combattente di Solferino e sopravvissuto a quel giorno terribile.
Un diario rispuntato da un baule. L'unica cosa che di quell'uomo, un calzolaio tirolese, si è salvata.
Ed è perfino curioso, che di un'intera vita rimanga proprio ciò che appartiene a un solo giorno, votato allo scempio.
Ma insomma, intrigante tornare su quel campo di battaglia con gli occhi di un uomo che c'era. Viaggio, ma viaggio nel tempo, con uno sguardo diverso. Come è giusto, come è necessario.
Fu tanto il sangue che quel giorno inzuppò la terra, tanta la sofferenza delle carni straziate e amputate. Quella sera, finito tutto, un uomo che sapeva essere visionario e concreto allo stesso tempo immaqinò qualcosa che non c'era mai stato prima. Era uno svizzero, un "neutrale" insomma, si chiamava Henry Dunant e da lì a
qualche anno avrebbe fondato la Croce Rossa.
Quante cose sono successe a Solferino e quante cose oggi non si possono nemmeno intuire, aggirandosi per quei luoghi. Io non ci sono mai stato, ma mi sa che nè le lapidi, né i monumenti e nemmeno gli ossari possono davvero raccontarci cosa successe.
Il tempo è stato come un sipario calato, in un teatro dove il pubblico se ne è andato da un pezzo.
Per questo è bella l'idea di Ulrich Ladurner, giornalista di Merano che a Solferino ci è tornato senza accontentarsi dei suoi occhi di uomo dei nostri tempi. Raccontandoci poi tutto in Solferino. Storia di un campo di battaglia, pubblicato da Il Mulino.
Aveva un tesoro in casa, Ulrich Ladurner, e a lungo nemmeno lo ha saputo: il diario del bisnonno, combattente di Solferino e sopravvissuto a quel giorno terribile.
Un diario rispuntato da un baule. L'unica cosa che di quell'uomo, un calzolaio tirolese, si è salvata.
Ed è perfino curioso, che di un'intera vita rimanga proprio ciò che appartiene a un solo giorno, votato allo scempio.
Ma insomma, intrigante tornare su quel campo di battaglia con gli occhi di un uomo che c'era. Viaggio, ma viaggio nel tempo, con uno sguardo diverso. Come è giusto, come è necessario.
Intrigante e bella riflessione. Auguri!
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