Mi procurerò un rotolo di carta da infilare nella macchina da scrivere e scriverò le cose il più veloce possibile, esattamente come sono successe
L'avete riconosciuta? Questa è una delle storie più belle e incredibili tra tutte le storie che si potrebbe raccontare su libri tenuti in un cassetto o pubblicati, dimenticati o destinati a lasciare un segno. In questo caso, un'opera che ha rappresentato e rappresenta assai di più di un bel romanzo: Sulla strada di Jack Kerouac.
Ancora oggi se mi imbatto in questo titolo il cuore mi balza in gola e poi la mano del rimpianto lo strizza ben bene. Rimpianto di che non lo so poi. Di un'America che non ho mai attraversato se non nella fantasia? Di una generazione che non era la mia?
Non lo so, ma ci sono stati anni in cui Sulla strada - io preferivo chiamarlo On the road - era un libro da portarsi dietro immaginando strisce di asfalto che tagliavano interi continenti e notti insonni illuminate dal jazz e dalle più strampalate chiacchiere.
Al mio affetto per Jack Kerouac il tempo ha fatto meno male che ad altre passioni, per non dire di tante convinzioni. Ma insomma, la storia più bella forse è proprio questa.
Jack Kerouac che questo libro lo vuole scrivere tutto di getto, senza interrompersi, nemmeno per cambiare foglio. Che per questo si procura i rotoli di una telescrivente e li unisce col nastro adesivo. E che poi si rintana nella sua casa di New York, aziona il cronometro (questo lo dico io) e parte.
Tre settimane per scrivere il romanzo che saluta e incarna una nuova epoca. Cento parole al minuto per riempire 36 metri di carta, un papiro dei tempi moderni.
Poi ci vollero sei anni per arrivare alla pubblicazione e il testo originale - che ora viene ripubblicato dalla Mondadori - dovette sopportare diverse modifiche. Pare che all'inizio il libro fosse un unico fluviale paragrafo e che diversi punti, diverse virgole siano state aggiunte solo in seguito (tutto questo viene ben spiegato da Tommaso Pincio in un recente articolo).
Ma questo è secondario. In tempi di scuole di scrittura, di libri costruiti come prodotti di laboratorio, è bello ritornare a quella pazzesca esplosione creativa.
Ps: non c'entra, ma ho letto che On the road è il titolo più rubato nelle librerie americane. Ancora oggi. E non so se stupirmi dell'esistenza di classifiche come questa. O se piuttosto non interrogarmi sulle eventuali connessioni tra la natura dell'opera e la sua propensione a farsi portare via senza passare dalla cassa
L'avete riconosciuta? Questa è una delle storie più belle e incredibili tra tutte le storie che si potrebbe raccontare su libri tenuti in un cassetto o pubblicati, dimenticati o destinati a lasciare un segno. In questo caso, un'opera che ha rappresentato e rappresenta assai di più di un bel romanzo: Sulla strada di Jack Kerouac.
Ancora oggi se mi imbatto in questo titolo il cuore mi balza in gola e poi la mano del rimpianto lo strizza ben bene. Rimpianto di che non lo so poi. Di un'America che non ho mai attraversato se non nella fantasia? Di una generazione che non era la mia?
Non lo so, ma ci sono stati anni in cui Sulla strada - io preferivo chiamarlo On the road - era un libro da portarsi dietro immaginando strisce di asfalto che tagliavano interi continenti e notti insonni illuminate dal jazz e dalle più strampalate chiacchiere.
Al mio affetto per Jack Kerouac il tempo ha fatto meno male che ad altre passioni, per non dire di tante convinzioni. Ma insomma, la storia più bella forse è proprio questa.
Jack Kerouac che questo libro lo vuole scrivere tutto di getto, senza interrompersi, nemmeno per cambiare foglio. Che per questo si procura i rotoli di una telescrivente e li unisce col nastro adesivo. E che poi si rintana nella sua casa di New York, aziona il cronometro (questo lo dico io) e parte.
Tre settimane per scrivere il romanzo che saluta e incarna una nuova epoca. Cento parole al minuto per riempire 36 metri di carta, un papiro dei tempi moderni.
Poi ci vollero sei anni per arrivare alla pubblicazione e il testo originale - che ora viene ripubblicato dalla Mondadori - dovette sopportare diverse modifiche. Pare che all'inizio il libro fosse un unico fluviale paragrafo e che diversi punti, diverse virgole siano state aggiunte solo in seguito (tutto questo viene ben spiegato da Tommaso Pincio in un recente articolo).
Ma questo è secondario. In tempi di scuole di scrittura, di libri costruiti come prodotti di laboratorio, è bello ritornare a quella pazzesca esplosione creativa.
Ps: non c'entra, ma ho letto che On the road è il titolo più rubato nelle librerie americane. Ancora oggi. E non so se stupirmi dell'esistenza di classifiche come questa. O se piuttosto non interrogarmi sulle eventuali connessioni tra la natura dell'opera e la sua propensione a farsi portare via senza passare dalla cassa
On the road è uno dei romanzi che mi hanno fatta diventare grande. La copia che ho letto l'ho rubata a mia madre, che aveva riempito i bordi delle pagine di punti esclamativi nei passaggi più belli. L'ho letto a 14 anni e mai più ripreso in mano.
RispondiEliminaTemo il momento in cui quell'incredibile esperimento di vita verrà trasformato in un film che a giudicare dalle foto pubblicate su internet assomiglia a uno spot Levis.
E forse dovremmo tutti rileggerlo prima che il suo immaginario venga sovrascritto da quello del film...