Così scrive Visar Zhiti, poeta albanese che ai tempi del regime fu condannato a 10 anni di carcere per aver inviato un manoscritto di poesie ermetiche e pessimiste a un editore (che poi ero lo stesso Stato, perchè allora non c'era niente che non fosse sotto lo Stato). Figlio di arte, peraltro, perchè prima di lui era stato il padre, attore e drammaturgo, a finire dentro:
Ecco infine un segreto: scrivevo in carcere, non solo perché volevo lasciare la mia testimonianza, il mio testamento di poeta.... ma, cosa più importante, volevo trovare, e ci riuscii, l'emozione viva, incredibile, bella, di chi crea, quella che fose mi fece sopravvivere nell'abisso, una sorta di miracolo, perché quando scrivevo mi sdoppiavo e il mio doppio come un fantasma varcava il filo spinato della recinzione e così restavo a lungo con tutti quelli che scrivevano nelle stesse mie condizioni, o che leggevano.... Così potevo emigrare nel destino, nel ruolo stabilito dalle divinità e non restare nella sventurata esistenza assegnatami dagli assassini
E' una grande lezione di libertà malgrado tutto, di libertà grazie alla forza della parola scritta. E' una lezione contenuta in un libro, Parole di libertà, che sono felice di poter presentare lunedì prossimo, 21 febbraio (sala Pistelli della Provincia, via Cavour, ore 16.30), in un'iniziativa promossa insieme da Associazione Stampa Toscana (il sindacato dei giornalisti) e Pen Club (l'associazione internazionale che difende il diritto all'espressione degli scrittori).
Una lezione che fa bene tenere stretta, sempre. Perché come dice Grigorij Pas'ko, un altro degli autori del libro:
Il lettore forse è stufo delle memorie di prigionia, ma l'argomento non si esaurisce
Ecco infine un segreto: scrivevo in carcere, non solo perché volevo lasciare la mia testimonianza, il mio testamento di poeta.... ma, cosa più importante, volevo trovare, e ci riuscii, l'emozione viva, incredibile, bella, di chi crea, quella che fose mi fece sopravvivere nell'abisso, una sorta di miracolo, perché quando scrivevo mi sdoppiavo e il mio doppio come un fantasma varcava il filo spinato della recinzione e così restavo a lungo con tutti quelli che scrivevano nelle stesse mie condizioni, o che leggevano.... Così potevo emigrare nel destino, nel ruolo stabilito dalle divinità e non restare nella sventurata esistenza assegnatami dagli assassini
E' una grande lezione di libertà malgrado tutto, di libertà grazie alla forza della parola scritta. E' una lezione contenuta in un libro, Parole di libertà, che sono felice di poter presentare lunedì prossimo, 21 febbraio (sala Pistelli della Provincia, via Cavour, ore 16.30), in un'iniziativa promossa insieme da Associazione Stampa Toscana (il sindacato dei giornalisti) e Pen Club (l'associazione internazionale che difende il diritto all'espressione degli scrittori).
Una lezione che fa bene tenere stretta, sempre. Perché come dice Grigorij Pas'ko, un altro degli autori del libro:
Il lettore forse è stufo delle memorie di prigionia, ma l'argomento non si esaurisce
Oggi mi sento delusa, pessimista e amareggiata verso il futuro. Queste parole mi aiutano. E ti ringrazio.
RispondiElimina