Ci sono molti modi di viaggiare, molti modi di abbandonarsi col proprio sguardo al mondo. Molti modi di scrivere per raccontare quei viaggi.
E ci sono fin troppi libri, che raccolgono quei viaggi, quegli sguardi, quelle pagine.
Forse abbiamo bisogno anche di disintossicarsi, non della letteratura di viaggio, certo, ma di tante incrostazioni che su di essa si sono depositate. Troppa enfasi, troppa retorica del viaggiatore, troppa presunzione esibita da chi deve puntellare il senso di un'esperienza che si vuole unica e che deve trovare ragioni o pretesti.
C'è bisogno di voci sincere, oneste. C'è bisogno di nuovo sangue nell'esperienza del viaggio e del racconto di viaggio. E c'è bisogno delle parole misurate e sensate di chi sa che il primo viaggio è sempre nel mondo dei propri sentimenti e delle proprie convinzioni, anche se non siamo protagonisti di un'impresa e non ci troviamo al centro della Storia.
Come in Viaggio in Birmania (nemmeno il titolo ha effetti speciali), il cui autore non prova a spacciarsi come il Terzani o il Kapuscinski di turno. Michele Cucuzzella in Birmania - o se si preferisce in Myanmar - arriva come volontario, per fare una piccola grande cosa, insegnare inglese ai bambini.
Della Birmania e della sua cultura sa poco, mi pare. E proprio per questo le sue sono parole pulite, dirette, capaci di accompagnarci amichevolmente in questo paese magnifico e maledetto.
Dalla Off the road della Vallecchi un altro bel tassello che si aggiunge al mosaico delle ragioni per cui viaggiare forse non sarà indispensabile, però fa sempre bene.
E ci sono fin troppi libri, che raccolgono quei viaggi, quegli sguardi, quelle pagine.
Forse abbiamo bisogno anche di disintossicarsi, non della letteratura di viaggio, certo, ma di tante incrostazioni che su di essa si sono depositate. Troppa enfasi, troppa retorica del viaggiatore, troppa presunzione esibita da chi deve puntellare il senso di un'esperienza che si vuole unica e che deve trovare ragioni o pretesti.
C'è bisogno di voci sincere, oneste. C'è bisogno di nuovo sangue nell'esperienza del viaggio e del racconto di viaggio. E c'è bisogno delle parole misurate e sensate di chi sa che il primo viaggio è sempre nel mondo dei propri sentimenti e delle proprie convinzioni, anche se non siamo protagonisti di un'impresa e non ci troviamo al centro della Storia.
Come in Viaggio in Birmania (nemmeno il titolo ha effetti speciali), il cui autore non prova a spacciarsi come il Terzani o il Kapuscinski di turno. Michele Cucuzzella in Birmania - o se si preferisce in Myanmar - arriva come volontario, per fare una piccola grande cosa, insegnare inglese ai bambini.
Della Birmania e della sua cultura sa poco, mi pare. E proprio per questo le sue sono parole pulite, dirette, capaci di accompagnarci amichevolmente in questo paese magnifico e maledetto.
Dalla Off the road della Vallecchi un altro bel tassello che si aggiunge al mosaico delle ragioni per cui viaggiare forse non sarà indispensabile, però fa sempre bene.
Molto interessante e ben curata anche graficamente la collana "Off the road" di Vallecchi. Ho appena letto "Le ceneri del baobab" di Cecchi. Davvero bello!
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