Ci sono molti buoni motivi per viaggiare, ma solo uno è meglio lasciarselo una volta per tutte alle spalle: l'irragionevole convinzione che cambiando luogo si possa cambiare se stessi, ritrovare se stessi, o peggio ancora fuggire da se stessi.
Non c'è altrove per chi prova ad alimentare questa speranza macinando chilometri. E valgano allora le parole di uno dei più grandi scrittori viaggiatori dei nostri tempi, Cees Nooteboom, un nome che sembra uno scherzo, ma un lampo di luce in ognuna delle pagine del suo Hotel Nomade (Feltrinelli Traveller)
Chi viaggia di continuo è sempre da qualche altra parte, e questo vale per te stesso, e quindi sempre assente, e questo vale per gli altri, gli amici; perché è vero che per te sei sempre "in qualche altro posto", il che vuol dire che in qualche posto non ci sei, però in un posto ci sei sempre e comunque, ossia con te stesso. E per quanto semplice possa sembrare, ci vuole molto tempo prima che te ne renda completamente conto.
Non so quante volte ho già dovuto ascoltare il detto di Pascal: "La sventura del mondo viene perché gli uomini non riescono a rimanere ventiquattr'ore nella stessa stanza", fin quando pian piano ho capito che io ero proprio quello che rimaneva a casa, vale a dire con se stesso.
Anche viaggiare è qualcosa che devi imparare, è una transazione continua con gli altri durante la quale nello stesso tempo sei solo.
Non c'è altrove per chi prova ad alimentare questa speranza macinando chilometri. E valgano allora le parole di uno dei più grandi scrittori viaggiatori dei nostri tempi, Cees Nooteboom, un nome che sembra uno scherzo, ma un lampo di luce in ognuna delle pagine del suo Hotel Nomade (Feltrinelli Traveller)
Chi viaggia di continuo è sempre da qualche altra parte, e questo vale per te stesso, e quindi sempre assente, e questo vale per gli altri, gli amici; perché è vero che per te sei sempre "in qualche altro posto", il che vuol dire che in qualche posto non ci sei, però in un posto ci sei sempre e comunque, ossia con te stesso. E per quanto semplice possa sembrare, ci vuole molto tempo prima che te ne renda completamente conto.
Non so quante volte ho già dovuto ascoltare il detto di Pascal: "La sventura del mondo viene perché gli uomini non riescono a rimanere ventiquattr'ore nella stessa stanza", fin quando pian piano ho capito che io ero proprio quello che rimaneva a casa, vale a dire con se stesso.
Anche viaggiare è qualcosa che devi imparare, è una transazione continua con gli altri durante la quale nello stesso tempo sei solo.
Le parole di Pascal rappresentano forse quel genere di affermazioni da cui si vorrebbe dissentire manon ci si riesce mai del tutto. Nell'era in cui tutti viaggiano, in cui i viaggi sono tanti e sempre più brevi, c'è poi il rischio di una riduzione del viaggio a pratica consuetudinaria, palliativa e antistress.
RispondiEliminaIn fondo, il viaggio conserva il suo senso se piuttosto che nutrirsi dell'ambizione di trovare se stessi si basa sulla volontà mettersi in discussione. Per dirla alla Proust "non consiste nel cercare nuove terre, ma nell'avere nuovi occhi", e questa è per me una buona scusa, per uscire di casa.