(Dal mio I due viaggiatori, Mauro Pagliai edizioni)
Africa, Africa. L’Africa del buon giornalismo. Lo avevo già letto e amato, ma l’altro giorno rincorrendo Emilio redattore della Nuova Arena lo sguardo mi è scivolato sullo scaffale dove tengo tutti i libri del grande Riszard Kapuscinski. Mi sono fermato sulla costola di Ebano, è stato un attimo prenderlo, sfogliarlo, lasciarmi catturare dalle sue pagine ancora una volta.
Per me è il più bel libro di questo straordinario giornalista viaggiatore, di questo uomo che i luoghi della terra non si limitò ad attraversarli e a raccontarli, ma prima li volle abitare, con il corpo, con il cuore, con l’anima.
Inviato speciale, ma inviato che non frequenta gli alberghi di lusso, le cittadelle del privilegio, gli appuntamenti mondani dove è facile scroccare oppure mettere tutto in nota spese.
Inviato come uomo che vivrà la stessa vita di chi intende poi scrivere.
Kapuscinski mi ha insegnato davvero il viaggio come stupore, come immedesimazione, come rivelazione in cui si smarriscono le proprie certezze per confrontarle con quelle altrui.
E in Ebano c’è tutta l’Africa, c’è tutto questo immenso continente bellissimo e dolente. Sembra avvertirne il canto, sembra cogliere il sangue che pulsa nelle sue vene.
E da qui mi riesce facile tornare a Emilio, alla sua Africa raccontata dalla redazione, confondendo le acque dell’Adige con quelle del Nilo e del Congo.
È evidente che non è la stessa cosa. Però mi sa che in un posto si può entrare in molti modi e che preparazione e onestà sono un buon punto di partenza.
Bisogna tenersi stretto quello che una volta affermò Kapuscinski:
Credo che per fare del buon giornalismo si debba innanzitutto essere degli uomini buoni. I cattivi non possono essere buoni giornalisti. Solo l’uomo buono cerca di comprendere gli altri, le loro intenzioni, la loro fede, i loro interessi e le loro tragedie. E di diventare subito, fin dal primo momento, una parte del loro destino.
Ecco, queste non sono solo parole. Bisogna essere uomini buoni per essere buoni giornalisti.
Africa, Africa. L’Africa del buon giornalismo. Lo avevo già letto e amato, ma l’altro giorno rincorrendo Emilio redattore della Nuova Arena lo sguardo mi è scivolato sullo scaffale dove tengo tutti i libri del grande Riszard Kapuscinski. Mi sono fermato sulla costola di Ebano, è stato un attimo prenderlo, sfogliarlo, lasciarmi catturare dalle sue pagine ancora una volta.
Per me è il più bel libro di questo straordinario giornalista viaggiatore, di questo uomo che i luoghi della terra non si limitò ad attraversarli e a raccontarli, ma prima li volle abitare, con il corpo, con il cuore, con l’anima.
Inviato speciale, ma inviato che non frequenta gli alberghi di lusso, le cittadelle del privilegio, gli appuntamenti mondani dove è facile scroccare oppure mettere tutto in nota spese.
Inviato come uomo che vivrà la stessa vita di chi intende poi scrivere.
Kapuscinski mi ha insegnato davvero il viaggio come stupore, come immedesimazione, come rivelazione in cui si smarriscono le proprie certezze per confrontarle con quelle altrui.
E in Ebano c’è tutta l’Africa, c’è tutto questo immenso continente bellissimo e dolente. Sembra avvertirne il canto, sembra cogliere il sangue che pulsa nelle sue vene.
E da qui mi riesce facile tornare a Emilio, alla sua Africa raccontata dalla redazione, confondendo le acque dell’Adige con quelle del Nilo e del Congo.
È evidente che non è la stessa cosa. Però mi sa che in un posto si può entrare in molti modi e che preparazione e onestà sono un buon punto di partenza.
Bisogna tenersi stretto quello che una volta affermò Kapuscinski:
Credo che per fare del buon giornalismo si debba innanzitutto essere degli uomini buoni. I cattivi non possono essere buoni giornalisti. Solo l’uomo buono cerca di comprendere gli altri, le loro intenzioni, la loro fede, i loro interessi e le loro tragedie. E di diventare subito, fin dal primo momento, una parte del loro destino.
Ecco, queste non sono solo parole. Bisogna essere uomini buoni per essere buoni giornalisti.
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