domenica 8 maggio 2011

La poesia che prese il posto di un monte

Wallace Stevens, poeta della Pennsylvania vissuto tra Ottocento e Novecento, aveva dalla sua l'umiltà artigiana e la potenza della parola, quella parola che sa scavare a fondo, allargare orizzonti, volare alta e poi ritornare ben piantata sulla terra. E anche lui ne era pienamente consapevole, visto che un giorno riuscì a scrivere una poesia come questa, in cui la parola si faceva montagna.

Il titolo? La poesia che prese il posto di un monte. Eccola.

Era là, parola per parola,
La poesia che prese il posto di un monte.


Ne respirava l'ossigeno
Persino quando il libro stava voltato nella polvere del tavolo.


Gli ricordava come avesse avuto bisogno
Di un luogo da raggiungere nella direzione sua,


Come avesse ricomposto i pini,
Spostato le rocce e trovato un sentiero tra le nuvole,


Per arrivare al punto d'osservazione giusto,
Dove sarebbe stato completo di una consapevolezza inspiegata:


La roccia esatta dove le sue inesattezze
Scoprissero infine la vista che erano andate guadagnando,


Dove potesse coricarsi e, fissando il mare in basso,
Riconoscere la sua casa unica e solitaria.


(Da Il mondo come meditazione, pubblicato in Italia da Guanda)

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