Mi immaginavo fosse un uso e un abuso italiano - e perché poi? - ma leggendo Al paese dei libri di Paul Collins mi sono fermato su quella paginetta dove si parla di un libriccino del 1969 a cura della Florida State Poetry Society, titolo, pensate un po', L'Olimpo dei poeti, nientemeno, pubblicazione riservata ai poeti accreditati.
E dunque, non è facile capire cosa siano i poeti accreditati, se non coloro che hanno strappato qualche pubblicazione, vinto una manciata di premi e premietti, messo insieme una bacheca di coppe e medaglie. Temo però che sia più o meno come scrive Collins:
Le poesie raccolte nel volume sono opera di pensionati del Missouri, medici di famiglia della Florida, persone qualunque. Molte parlano del cane e del gatto, e sono tutte in rima. A uno scrittore quelle modeste creazioni fanno un'indicibile tristezza, anche se probabilmente hanno reso felici i loro autori. Però... è azzardato affermare che ai compilatori di quelle antologie, agli organizzatori di concorsi con quota di partecipazione di trenta dollari, e anche agli editori del Writer's Digest importa poco degli scrittori e della scrittura?
Forse.
La cosa peggiore, secondo me, è la curiosità morbosa con cui guardo quel libro. Come molti scrittori ho collezionato moduli di rifiuto per anni, più di cento solo per la mia prima raccolta di racconti....
Fa pensare come no, a parte un certo tono da arrivato che mi piace poco. Però è vero, più altisonanti sono certi nomi e meno in genere è la sostanza. E alla fine tutto mi sembra che sia una macchina che gira macinando sogni, aspettative, illusioni.
E dunque, non è facile capire cosa siano i poeti accreditati, se non coloro che hanno strappato qualche pubblicazione, vinto una manciata di premi e premietti, messo insieme una bacheca di coppe e medaglie. Temo però che sia più o meno come scrive Collins:
Le poesie raccolte nel volume sono opera di pensionati del Missouri, medici di famiglia della Florida, persone qualunque. Molte parlano del cane e del gatto, e sono tutte in rima. A uno scrittore quelle modeste creazioni fanno un'indicibile tristezza, anche se probabilmente hanno reso felici i loro autori. Però... è azzardato affermare che ai compilatori di quelle antologie, agli organizzatori di concorsi con quota di partecipazione di trenta dollari, e anche agli editori del Writer's Digest importa poco degli scrittori e della scrittura?
Forse.
La cosa peggiore, secondo me, è la curiosità morbosa con cui guardo quel libro. Come molti scrittori ho collezionato moduli di rifiuto per anni, più di cento solo per la mia prima raccolta di racconti....
Fa pensare come no, a parte un certo tono da arrivato che mi piace poco. Però è vero, più altisonanti sono certi nomi e meno in genere è la sostanza. E alla fine tutto mi sembra che sia una macchina che gira macinando sogni, aspettative, illusioni.
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