Sostiene Umberto Eco:
Ho scritto sei romanzi, eppure tutti parlano sempre del Nome della rosa, che io odio perché è una sorta di maledizione
Sostiene Roberto Saviano:
Il mio Gomorra non lo rinnego, lo riscriverei, ma sarei falso se dicessi che lo amo. Perché mi ha tolto tutto: io volevo solo diventare uno scrittore
Sostiene Truman Capote:
Nessuno saprà quanto A sangue freddo mi sia costato. Mi ha scarnificato fino al midollo delle ossa
Ecco qui, la sindrome da best-seller che affliggerebbe alcuni degli scrittori di maggiore successo, quelli da milioni di copie vendute in tutto il mondo. Capita quando il loro nome si lega indissolubilmente non a un'opera intera, ma un singolo titolo. Quello che vende, quello che è un must nelle librerie, quello che ha messo in ombra tutto il resto.
Di recente ne ha parlato Stefano Bartezzaghi su Repubblica, in una riflessione dal titolo Odio il mio capolavoro (e capolavoro non è certo sinonimo di best-seller):
Se ti chiami Dante sei Commedia anche se magari ti sentiresti di più De Monarchia. Se ti chiami Claudio Baglioni, nessuno ti libererà mai dalla "maglietta fina"
Devo dire, capisco e non capisco. Non so se questa sindrome sia frutto più di un vezzo che di un sincero risentimento. E ancora di più, nel caso, mi sembra incerto il bersaglio del risentimento: perché non l'autore stesso, incapace di superarsi, come un saltatore che sceglie una misura troppo alta?
Però, a ripensarci, capisco.
Ho scritto sei romanzi, eppure tutti parlano sempre del Nome della rosa, che io odio perché è una sorta di maledizione
Sostiene Roberto Saviano:
Il mio Gomorra non lo rinnego, lo riscriverei, ma sarei falso se dicessi che lo amo. Perché mi ha tolto tutto: io volevo solo diventare uno scrittore
Sostiene Truman Capote:
Nessuno saprà quanto A sangue freddo mi sia costato. Mi ha scarnificato fino al midollo delle ossa
Ecco qui, la sindrome da best-seller che affliggerebbe alcuni degli scrittori di maggiore successo, quelli da milioni di copie vendute in tutto il mondo. Capita quando il loro nome si lega indissolubilmente non a un'opera intera, ma un singolo titolo. Quello che vende, quello che è un must nelle librerie, quello che ha messo in ombra tutto il resto.
Di recente ne ha parlato Stefano Bartezzaghi su Repubblica, in una riflessione dal titolo Odio il mio capolavoro (e capolavoro non è certo sinonimo di best-seller):
Se ti chiami Dante sei Commedia anche se magari ti sentiresti di più De Monarchia. Se ti chiami Claudio Baglioni, nessuno ti libererà mai dalla "maglietta fina"
Devo dire, capisco e non capisco. Non so se questa sindrome sia frutto più di un vezzo che di un sincero risentimento. E ancora di più, nel caso, mi sembra incerto il bersaglio del risentimento: perché non l'autore stesso, incapace di superarsi, come un saltatore che sceglie una misura troppo alta?
Però, a ripensarci, capisco.
Infatti, accade sempre così :-))) Per tutti i grandi; vengono sempre ricordati per i loro capolavori e le altri opere, magari saranno anche migliori, vengono quasi dimenticate. Strano!!!
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