Quando ancora Londra non era la swinging London, minigonne, vernissage e icone pop. Quando ancora non ci si divideva tra Rolling Stones e Beatles e figuratevi se ci si poteva immaginare che un giorno ci sarebbero stati anche i Sex Pistols. Quando ancora Londra era il cambio della guardia e il British Museum e le tea-houses e gli editoriali del Times, tutte cose che, a pensarci, ci sono anche ora, solo che sembrano sopravvissute, dopo che la Margaret Thatcher e Tony Blair hanno scavato un solco di secoli.
Insomma, la Londra degli anni Cinquanta, gli anni prima di tutto. Un ponte tra due epoche, l'Inghilterra vittoriana e un'altra Inghilterra. L'idea di essere ancora ombelico del mondo e un altro mondo che intanto si annuncia. E quanta cultura, quanta arte, in questa Londra.
In Lettere da Londra (Adelphi) Alberto Arbasino vi si tuffa come un pesce nel suo mare. Incontra, intervista, racconta. L'indice del libro sembra lo scaffale dei classici di una libreria: T.S. Eliot, E. M. Forster, EW. H. Auden, (chissà perché questi scrittori ce li immaginiamo solo con le iniziali puntate), Christopher Isherwood, William Golding, Stephen Spender... senza dimenticare gli angry young men che si affacciano sulla scena, e poi i grandi attori tipo Laurence Olivier e Alec Guinness... senza dimenticare la grande musica e il balletto e la pittura...
C'è tutto in questo libro di Arbasino, che lo confesso, non è di agile lettura, perché Arbasino è sempre Arbasino, uno degli scrittori a massima densità di riferimenti, citazioni, rimandi.
Però queste lettere - che forse sarebbe meglio chiamare corrispondenze - non destano solo una spaventosa invidia. Perché anche noi entriamo in punta di piedi in una di queste case, ci sediamo a uno di quei tavolini apparecchiati per un afternoon tea. Anche noi salutiamo Forster a Piccadilly Circus, una sera piovigginosa e un treno della notte che sembra un sipario calato...
Insomma, la Londra degli anni Cinquanta, gli anni prima di tutto. Un ponte tra due epoche, l'Inghilterra vittoriana e un'altra Inghilterra. L'idea di essere ancora ombelico del mondo e un altro mondo che intanto si annuncia. E quanta cultura, quanta arte, in questa Londra.
In Lettere da Londra (Adelphi) Alberto Arbasino vi si tuffa come un pesce nel suo mare. Incontra, intervista, racconta. L'indice del libro sembra lo scaffale dei classici di una libreria: T.S. Eliot, E. M. Forster, EW. H. Auden, (chissà perché questi scrittori ce li immaginiamo solo con le iniziali puntate), Christopher Isherwood, William Golding, Stephen Spender... senza dimenticare gli angry young men che si affacciano sulla scena, e poi i grandi attori tipo Laurence Olivier e Alec Guinness... senza dimenticare la grande musica e il balletto e la pittura...
C'è tutto in questo libro di Arbasino, che lo confesso, non è di agile lettura, perché Arbasino è sempre Arbasino, uno degli scrittori a massima densità di riferimenti, citazioni, rimandi.
Però queste lettere - che forse sarebbe meglio chiamare corrispondenze - non destano solo una spaventosa invidia. Perché anche noi entriamo in punta di piedi in una di queste case, ci sediamo a uno di quei tavolini apparecchiati per un afternoon tea. Anche noi salutiamo Forster a Piccadilly Circus, una sera piovigginosa e un treno della notte che sembra un sipario calato...
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