domenica 4 settembre 2011

Il canto di Orfeo e la bellezza di Auden

E' una parola gelida, complessa, profonda quella di W.H. Auden, uno dei grandi poeti del Novecento, anche se non sempre ha avuto l'attenzione che merita: sarà che ha pagato il distacco dai fatti del mondo e della politica in anni in cui ci non ci si poteva non schierare, sarà che i suoi versi, anche quando si mescolano al tempo degli uomini, sembrano appartenere a un'altra dimensione, sul ciglio dell'eternità.

La raccolta che ho letto in questi giorni si chiama, significativamente, Un altro tempo (Adelphi). E non sono sicuro di aver coltodavvero la grandezza di una poesia i cui versi assomigliano ai colpi di scalpello che lavorano un marmo rinascimentale. Però a questa grandezza mi piace inchinarmi. Magari accogliendo la bellezza che Auden offre col suo Orfeo.

Che cosa spera il canto? E le mani mosse
poco lontane dagli uccelli, i timidi, i gioiosi?
              Di essere attonito e felice,
              o, più di tutto, conoscere la vita?


Ma i belli si accontantano delle acute note dell'aria;
basta il calore; Oh, se l'inverno davvero
             s'ostina, s eil fievole fiocco di neve,
             che mai farà l'augurio, che cosa la danza?

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