domenica 23 ottobre 2011

Adriano Sofri, Gheddafi e lo scempio di Ettore

Non era Ettore caduto davanti le mura di Troia, sotto i colpi di Achille, e scempiato dagli altri Achei. E' tutt'altra storia, altra epoca, altra umanità. Ma sull'epilogo di Gheddafi, il raìs di Libia, c'è quel qualcosa di tremendamente antico che Adriano Sofri, sulla Repubblica di ieri, ha raccontato splendidamente. Questa non è sola storia del dittatore che con la sua brutalità chiama su di sé altra brutalità. C'è qualcosa che forse solo i greci, con le loro tragedie, hanno saputo portare alla luce, dalle zone più tenebrose del nostro essere uomini.

Gli dei e gli eroi se ne sono andati da tempo, coprendosi il viso, ma la scena è ancora quella. Gli umani sono ancora feroci e fanatici come nell'Iliade, come nella Bibbia. Sono antichi quanto e più di allora, ma hanno i telefonini. 

A distanza di minuti, avreste visto sul vostro schermo Ettore atterrato, e i vigliacchi trafiggerne e insultarne il cadavere, e Achille bucarne i calcagni e attaccarlo al suo pick-up. 

L'uomo è rimasto antiquato, o è pronto a ridiventarlo: e meraviglioso e tremendo è il corto circuito fra la sua antichità e i droni che gli volano sulla testa e colpiscono con esattezza e buttano in un tubo da topo il cacciatore mutato in preda e glielo mandano in mano, mani di prestidigitatori di kalashnikov e telefonini.


(Adriano Sofri: Kalashnikov e telefonini, lo scempio del branco)

1 commento:

  1. Sì, Paolo
    arcaicità e ipermoderno. I miei amici tuareg mi hanno sempre chiesto un cellulare a banda larga. E, allora, guardavano l'esecuzione di Saddam sul display. Ma mostrare il corpo del nemico sconfitto e scempiato è stato fatto da tutti.

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