Nel momento in cui ci si congeda da lei, forse non è nemmeno il caso
di tentare un giudizio complessivo. È bello piuttosto salutarla con
il sonetto di Shakespeare che lei più di tutti lei amava e nel
quale, più che in tutti, c’è molto di lei.
Quando all’appello del silente pensiero
io cito il ricordo dei giorni passati,
sospiro l’assenza di molte cose bramate
e a vecchie pene lamento lo spreco della mia vita:
allora, pur non avvezzi, sento inondarsi gli occhi
per gli amici sepolti nella notte eterna della morte,
e piango di nuovo pene d’amor perdute,
e soffro lo stacco di tante immagini scomparse:
allora mi affliggo per sventure ormai trascorse,
e, di dolore in dolore, tristemente ripasso
l’infelice conto delle sofferenze già sofferte
che ancora pago come non avessi mai pagato.
Ma se in quel momento io penso a te, amico caro,
ogni perdita è compensata e ogni dolor ha fine.
Sì, alla fine, davvero, ogni perdita è compensata e ogni dolor
ha fine, così come dalla disperazione più buia può sempre
sorgere la stella di una speranza, benché lontana e tremolante.
Jessie ce lo ha insegnato.
(da Paolo Ciampi, Miss Uragano. La donna che fece l'Italia, Romano editore)
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