Parole e viaggi, che bel tema su cui riflettere, accettando le infinite rotte su cui ci può spingere la nostra curiosità.... Parole e viaggi: io l'avevo vista soprattutto come il libro che ti porti dietro e che segna un'esperienza. Oppure come la capacità di tradurre un viaggio in diario, resoconto, reportage.
E invece mi sa che c'è un legame ancora più profondo, necessario.
Come se ci fossero parole buone solo per quel viaggio, e viceversa. Come se prima di ogni altra cosa ogni viaggio si distinguesse non per ciò che di esso si potrà raccontare, ma per il ritmo, per la partitura delle parole che esso potrà pretendere.
Leggo da una bella intervista a Paolo Rumiz di Irene Ameglio, su L'Indice di gennaio:
Ogni viaggio comporta un linguaggio diverso, perché ogni viaggio ha un'andatura diversa, e anche la prosa cambia; e ci sono situazioni in cui la prosa non basta più, e devi passare al verso. Il cammino diventa narrazione; è una metamorfosi, che avviene attraverso l'andatura, la fatica, la solitudine dei bivacchi, la percezione del battito del respiro, i sogni, gli incontri, le ombre che ti seguono.
Mi piace. E mi convince.
E invece mi sa che c'è un legame ancora più profondo, necessario.
Come se ci fossero parole buone solo per quel viaggio, e viceversa. Come se prima di ogni altra cosa ogni viaggio si distinguesse non per ciò che di esso si potrà raccontare, ma per il ritmo, per la partitura delle parole che esso potrà pretendere.
Leggo da una bella intervista a Paolo Rumiz di Irene Ameglio, su L'Indice di gennaio:
Ogni viaggio comporta un linguaggio diverso, perché ogni viaggio ha un'andatura diversa, e anche la prosa cambia; e ci sono situazioni in cui la prosa non basta più, e devi passare al verso. Il cammino diventa narrazione; è una metamorfosi, che avviene attraverso l'andatura, la fatica, la solitudine dei bivacchi, la percezione del battito del respiro, i sogni, gli incontri, le ombre che ti seguono.
Mi piace. E mi convince.
Nessun commento:
Posta un commento