Erano i tempi in cui assieme a Eugenio Finardi, che chissà perché piaceva tanto, si cantava se una radio è libera ma libera veramente piace anche di più perché libera la mente. E qualcuno non si limitava a canticchiarla allo specchio, o improvvisando tre accordi alla chitarra, qualcuno ci provava davvero, a fare una radio, chi l'avrebbe mai detto.
Oppure no, erano i tempi in cui tanta gente aveva fatto indigestione di cortei e assemblee, e come darle torto, così aveva disoccupato le strade dai sogni, tirato giù qualche poster dalle pareti, abbandonato l'eskimo in fondo all'armadio, e c'era chi aveva acquistato un biglietto per la California, chi aveva fantasticato su un pullmino per l'Afghanistan, chi si era rassegnato alla panchina sotto casa.
Oppure no, erano i tempi in cui tutto sembrava promettente, spumeggiante, inebriante, bastava tagliare i ponti con certe ideologie, bastava stare al passo e magari saperci fare, pensate alla Milano da bere, magari Firenze era Firenze, però c'era sempre una passerella e un vernissage, un assessore da corteggiare e un conto in banca da curare. È un mondo senza futuro. Finalmente possiamo rilassarci, diceva Cipputi ed era più lungimirante di un maestro di pensiero della rive gauche.
Oppure no, erano i tempi in cui, gratta gratta, sotto quella patina scintillante non c'era niente, però non è che tutto fosse come prima, c'era qualcosa, almeno qualcosa da fare, mica solo dibattiti e discoteche, briscole alle case del popolo e patatine fritte in birreria, e non si cambierà il mondo, ma al mondo si può stare meglio con la musica giusta, con i locali dove si respira aria nuova, con altre parole e altri suoni in circolo nelle vene di una città.
Anni Settanta, anni Ottanta, anni.... Non importa nemmeno dire di quali anni racconti Daniele Locci in questo suo primo romanzo, che dei migliori debutti presenta tutta l'originalità e la freschezza, con in più la sapienza e la forza narrativa degli autori più navigati.
Non importa, come forse non importa precisare che qui dentro c'è un pezzo di storia di una città come Firenze, di almeno una generazione decisamente complicata, di una radio che ha segnato un'epoca, di un locale cui nessuno credeva, ma che è stato un angolo di Londra o New York trapiantato nella piana degli autosaloni, dei laboratori cinesi, delle fabbrichette di infissi e pelli.
Non importa, o forse sì, fate voi. Libri come questi si possono leggere in molte maniere, quante sono le declinazioni degli umori e degli appetiti che si cibano di libri.
Ci vuole davvero poco per immergersi nella girandola dei dialoghi, per accendere i motori della curiosità e abbandonarci alle ore di divertimento che queste pagine, dotate di una singolare leggerezza della serietà, sapranno riservarci.
Però meglio sintonizzarci con ciò che davvero trasmette il cuore di Daniele Locchi – il cuore e la sua intelligenza – incapaci di chiudere un filo diretto che non è cosa di ieri, perché ci sarà sempre una trasmissione in modulazione di frequenza, una radio che sa raccontare una storia, un libro che come una radio dà voce e ritmo alle nostre giornate.
(dalla mia introduzione a 80.doc. Più a sinistra dei Rolling Stones di Daniele Locchi, Romano editore)
Nessun commento:
Posta un commento