La mattina dopo all'aeroporto di Schipol regnava un'atmosfera così meravigliosamente ovattata da farti credere d'essere già per un tratto al di là del mondo terreno.
A passi lenti, come sotto l'influsso di sedativi o come si stessero muovendo in un tempo dilatato, i viaggiatori vagavano per le diverse sale o si dirigevano, fermi sulle scale mobili, verso le loro destinazioni ai piani alti o nei sotterranei.
Sul treno che mi aveva portato lì da Amsterdam, sfogliando il libro sui Tristi Tropici, mi ero imbattuto in una descrizione dei Campos Elyseos, una strada di San Paolo, dove chalet e castelli di legno, che un tempo dei riccastri avevano fatto costruire e dipingere a colori vivaci in una sorta di stile svizzero di pura fantasia - così ricorda Lévi-Strauss gli anni trascorsi in Brasile -, cadevano a poco a poco in rovina mentre attorno i giardini erano invasi da alberi di eucalipto e mango.
Forse è per questo che quel mattino l'aeroporto, attraversato da un tenue brusio, mi era parso l'anticamera del paese ignoto dal quale nessun viaggiatore fa ritorno.
(W.G. Sebald, Gli anelli di Saturno, Adelphi)
Nessun commento:
Posta un commento