venerdì 30 marzo 2012

Dall'Ottocento una poesia per tutti i librai

Scrivere un libro è facile
occorrono soltanto
una penna, l'inchiostro e la carta
la quale con pazienza subisce qualunque sopruso.
Stampare libri
è già più difficile
perché spesso il genio s'esprime
con illeggibile calligrafia.
Leggere libri
è ancora più difficile
a causa della minaccia del sonno.
Ma vendere un libro
è il compito più arduo
al quale un essere umano
possa dedicarsi.


E' una poesia dello scrittore tedesco Felix Dahn (1834-1912, occhio, tra l'altro, alla data di morte, evidentemente nemmeno prima era l'età dell'oro). E a chi dedicarla, se non ai poveri librai e al loro improbo compito, in questo paese dove è più facile sentirsi scrittori che lettori e il libro deve (quasi) sempre arrivare in omaggio?

 (per inciso, non sembra anche voi che "ciò che è gratis" - che è cosa diversa da "ciò che è in dono" - finisca per sminuirsi?).

E lo so, è come rigirare il coltello nella piaga.

Però quanta bellezza, in quel momento in cui qualcuno entra in libreria, si aggira tra gli scaffali e le pile di volumi, quindi sceglie e decide di fare suo proprio quelle pagine, quelle parole, quel pezzo di vita che qualcun'altro - quasi sempre uno sconosciuto - ha riversato lì dentro.

Ed è un ponte tra uomini diversi che la volontà, e non il caso, ha deciso di far camminare insieme, almeno per il tempo di quella lettura.

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