Wolfgang Buscher è uno di quei giornalisti viaggiatori che non cercano
mai un viaggio semplice e disinvolto, che piuttosto si carica sulle
spalle un bel bagaglio di inquietudini e perplessità.
Mi era già capitato di fare la sua conoscenza, grazie a un bel libro nel quale raccontava un suo viaggio a piedi da Berlino a Mosca. E ora lo ritrovo, nelle pagine di Germania, un viaggio (Voland) che racchiudono un nuovo impegnativo itinerario.
Non un paese esotico, ma va bene così, anzi: è un pezzetto che mi piacciono i viaggi dietro casa, mi sembra che in genere abbiano di più da raccontare, che presuppongano uno sguardo meno banale.
Sicuramente non è un viaggio scontato. Sarà per il modo singolare di Buscher di andare al fondo delle cose sfuggendo per la tangente.
Che poi è quanto fa davvero, perché il suo viaggio non si inoltra nel cuore della Germania, ma si srotola per intero lungo i suoi confini: 3.500 chilometri balzando da un lato all’altro della frontiera, lungo le sponde di fiumi, boschi e montagne, città rase al suolo dalla guerra e oggi trasformate in strani bazar.
Un viaggio per certi versi assurdo, incomprensibile, importante però, perché ci dimostra che è dalla periferia che si può comprendere il centro.
Dal vuoto il pieno: dal paese che non c’è o che sta per svanire ecco ciò che è stato, è e forse sarà la Germania.
Mi era già capitato di fare la sua conoscenza, grazie a un bel libro nel quale raccontava un suo viaggio a piedi da Berlino a Mosca. E ora lo ritrovo, nelle pagine di Germania, un viaggio (Voland) che racchiudono un nuovo impegnativo itinerario.
Non un paese esotico, ma va bene così, anzi: è un pezzetto che mi piacciono i viaggi dietro casa, mi sembra che in genere abbiano di più da raccontare, che presuppongano uno sguardo meno banale.
Sicuramente non è un viaggio scontato. Sarà per il modo singolare di Buscher di andare al fondo delle cose sfuggendo per la tangente.
Che poi è quanto fa davvero, perché il suo viaggio non si inoltra nel cuore della Germania, ma si srotola per intero lungo i suoi confini: 3.500 chilometri balzando da un lato all’altro della frontiera, lungo le sponde di fiumi, boschi e montagne, città rase al suolo dalla guerra e oggi trasformate in strani bazar.
Un viaggio per certi versi assurdo, incomprensibile, importante però, perché ci dimostra che è dalla periferia che si può comprendere il centro.
Dal vuoto il pieno: dal paese che non c’è o che sta per svanire ecco ciò che è stato, è e forse sarà la Germania.
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