Sono arrivato da clandestino e ho imparato a confondermi con il paesaggio e il mio paesaggio è la città immersa nel traffico.
In Manuale di sopravvivenza per immigrati clandestini c'è una storia che c'era bisogno di raccontare, come tante altre del resto, quella di Joan Lovinescu, immigrato rumeno, la sua vita disastrata tra mense della Caritas e baracche di lamiera, un presente che non potrà mai fare davvero i conti col futuro, un presente che è solo una mano tesa per l'elemosina e un'altra giornata da arrangiare.
C'è Piero Colaprico, l'autore, grande giornalista che con il suo lavoro ha già illuminato molte pieghe oscure dei nostri tempi e che ora sa accendere un cono di luce su una delle tante esistenze che, soprattutto in una città come Milano, sono polvere facile da nascondere sotto il tappeto.
E c'è una terza persona, immaginaria, che sta dentro il romanzo, non nella realtà di ogni giorno, questa strana figura di ex poliziotto che ha giocato la sua vita sui tavoli sbagilati e ora sta pagando un conto salatissimo, solo che ancra può tentare di dimenticarselo, impegnato com'è a pedinare Joan Lovinescu.
Di questa terza persona e di tutta la storia costruita intorno, lo dico francamente, si poteva fare a meno. Bastavano la prima e la seconda, bastava questa vita allo sbando, questa Milano degli ultimi e degli accampamenti nelle peggiori periferie, bastava un grande giornalista deciso a raccontare tutto questo.
In Manuale di sopravvivenza per immigrati clandestini c'è una storia che c'era bisogno di raccontare, come tante altre del resto, quella di Joan Lovinescu, immigrato rumeno, la sua vita disastrata tra mense della Caritas e baracche di lamiera, un presente che non potrà mai fare davvero i conti col futuro, un presente che è solo una mano tesa per l'elemosina e un'altra giornata da arrangiare.
C'è Piero Colaprico, l'autore, grande giornalista che con il suo lavoro ha già illuminato molte pieghe oscure dei nostri tempi e che ora sa accendere un cono di luce su una delle tante esistenze che, soprattutto in una città come Milano, sono polvere facile da nascondere sotto il tappeto.
E c'è una terza persona, immaginaria, che sta dentro il romanzo, non nella realtà di ogni giorno, questa strana figura di ex poliziotto che ha giocato la sua vita sui tavoli sbagilati e ora sta pagando un conto salatissimo, solo che ancra può tentare di dimenticarselo, impegnato com'è a pedinare Joan Lovinescu.
Di questa terza persona e di tutta la storia costruita intorno, lo dico francamente, si poteva fare a meno. Bastavano la prima e la seconda, bastava questa vita allo sbando, questa Milano degli ultimi e degli accampamenti nelle peggiori periferie, bastava un grande giornalista deciso a raccontare tutto questo.
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