Cosa spinge gli uomini a donare? Cosa spinge chi riceve un dono a ricambiare?
Meno male. Dopo tanto discutere di interessi e di utilità, quali molle dell'economia e perfino della civiltà, guardate cosa succede: si torna a parlare di dono.
Al dono si dedicano libri e perfino festival, come la recente edizione dei Dialoghi sull'uomo di Pistoia. Sul dono spuntano nuove teorie, che si fanno largo sulle rovine dei tanti disastri che si sono consumati. Gli economisti non lo liquidano più come roba di un altro mondo che non è il nostro mondo. Gli antropologi ne discutono come qualcosa che non riguarda solo qualche cultura tribale ormai estinta. Figurarsi, può essere perfino una ricetta buona per la nostra società così dissestata. Qualcosa che può funzionare in tempi di crisi.
Cosa spinge gli uomini a donare? Cosa spinge chi riceve un dono a ricambiare?
A queste domande provò a rispondere quasi un secolo fa il grande etnologo francese Marcel Mauss, con il suo Saggio sul dono. Pensare che si era occupato soprattutto di tribù dell'Oceania ancora aggrappate a credenze magiche.
Le stesse domande le riprende oggi Marco Aime, in un bellissimo intervento - intrigante anche il titolo: Sono quel che dono - pubblicato su Tuttolibri. Ed ecco cosa risponde:
Il valore del dono sta nell'assenza di garanzie da parte del donatore. Un'assenza che presuppone una grande fiducia negli altri. Il valore del controdono sta nella libertà: più l'altro è libero, più il fatto che ci donerà qualcosa avrà valore per noi quando ce lo darà. Ecco che il dono diventa in questo caso promotore di relazioni. Ciò che spinge a donare è la volontà degli uomini di creare rapporti sociali, perché l'uomo non si accontenta di vivere nella società e di replicarla come gli altri animali sociali, ma deve produrrre la società per vivere.
Capito il trucco? Perderai qualcosa, donando qualcosa, ma in cambio ricevi una società intera.
Meno male. Dopo tanto discutere di interessi e di utilità, quali molle dell'economia e perfino della civiltà, guardate cosa succede: si torna a parlare di dono.
Al dono si dedicano libri e perfino festival, come la recente edizione dei Dialoghi sull'uomo di Pistoia. Sul dono spuntano nuove teorie, che si fanno largo sulle rovine dei tanti disastri che si sono consumati. Gli economisti non lo liquidano più come roba di un altro mondo che non è il nostro mondo. Gli antropologi ne discutono come qualcosa che non riguarda solo qualche cultura tribale ormai estinta. Figurarsi, può essere perfino una ricetta buona per la nostra società così dissestata. Qualcosa che può funzionare in tempi di crisi.
Cosa spinge gli uomini a donare? Cosa spinge chi riceve un dono a ricambiare?
A queste domande provò a rispondere quasi un secolo fa il grande etnologo francese Marcel Mauss, con il suo Saggio sul dono. Pensare che si era occupato soprattutto di tribù dell'Oceania ancora aggrappate a credenze magiche.
Le stesse domande le riprende oggi Marco Aime, in un bellissimo intervento - intrigante anche il titolo: Sono quel che dono - pubblicato su Tuttolibri. Ed ecco cosa risponde:
Il valore del dono sta nell'assenza di garanzie da parte del donatore. Un'assenza che presuppone una grande fiducia negli altri. Il valore del controdono sta nella libertà: più l'altro è libero, più il fatto che ci donerà qualcosa avrà valore per noi quando ce lo darà. Ecco che il dono diventa in questo caso promotore di relazioni. Ciò che spinge a donare è la volontà degli uomini di creare rapporti sociali, perché l'uomo non si accontenta di vivere nella società e di replicarla come gli altri animali sociali, ma deve produrrre la società per vivere.
Capito il trucco? Perderai qualcosa, donando qualcosa, ma in cambio ricevi una società intera.
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