A beneficio del futuro è possibile che i cronisti redigano, come si suol dire, la prima bozza della storia; ma per il presente, l'hic et nunc, forniscono qualcosa di ancora più prezioso: la materia prima con cui giudichiamo il nostro mondo e coloro che ricercano il potere al suo interno. E la nostra migliore difesa nei confronti di demagoghi, ciarlatani, agitatori e imbonitori, e verso tutte le menzogne e le mezze verità che questi spacciano, sono i cronisti, specie i grandi.
Chissà se esistono giornalisti perfetti, o per l'appunto, quasi perfetti. Chissà se non sono proprio le imperfezioni, che sono le imperfezioni di tutti, a farli grandi, qualunque cosa voglia dire grandi. E vai a sapere come è che si selezionano, questi giornalisti quasi perfetti, tra la folla dei tanti che giorno dopo giorno hanno alimentato o alimentano il grande fiume delle notizie, firme luccicanti e cronisti anonimi.
Forse esiste solo un criterio: l'arbitrarietà elevata a giudizio inappellabile. Ed è quanto ha fatto David Randall, immaginandosi di dirigere una redazione con piena libertà di selezionare i migliori reporter di ogni tempo.
E va bene così, non importa che quasi tutti i prescelti siano per noi del tutto sconosciuti. Da William Howard Russel, l'uomo che per la prima volta raccontò alla gente che cos'era una guerra (che poi era la guerra di Crimea), a Edna Buchanan, la ragazza allampanata che le insegnanti rimproveravano perché non avrebbe mai combinato niente di buono e che invece divenne la più grande cronista di nera di tutti i tempi; da Nellie Bly, che si finse pazza per raccontare un manicomio dall'interno, ad Aloysius MacGahan, a cui si deve probabilmente il più grande pezzo di giornalismo di tutti i tempi (e pensare che si trattava di un reportage da una località sperduta della Bulgaria), la galleria dei personaggi è straordinaria.
Tredici reporter, ma soprattutto tredici grandi storie, ciascuna delle quali meriterebbe un romanzo. Un solo grande atto di amore nei confronti del giornalismo,
Libro non solo bello, perfino utile, in tempi in cui pare che dal giornalismo si possa prescindere, a cuor leggero.
(David Randall, Tredici giornalisti quasi perfetti, Laterza)
Chissà se esistono giornalisti perfetti, o per l'appunto, quasi perfetti. Chissà se non sono proprio le imperfezioni, che sono le imperfezioni di tutti, a farli grandi, qualunque cosa voglia dire grandi. E vai a sapere come è che si selezionano, questi giornalisti quasi perfetti, tra la folla dei tanti che giorno dopo giorno hanno alimentato o alimentano il grande fiume delle notizie, firme luccicanti e cronisti anonimi.
Forse esiste solo un criterio: l'arbitrarietà elevata a giudizio inappellabile. Ed è quanto ha fatto David Randall, immaginandosi di dirigere una redazione con piena libertà di selezionare i migliori reporter di ogni tempo.
E va bene così, non importa che quasi tutti i prescelti siano per noi del tutto sconosciuti. Da William Howard Russel, l'uomo che per la prima volta raccontò alla gente che cos'era una guerra (che poi era la guerra di Crimea), a Edna Buchanan, la ragazza allampanata che le insegnanti rimproveravano perché non avrebbe mai combinato niente di buono e che invece divenne la più grande cronista di nera di tutti i tempi; da Nellie Bly, che si finse pazza per raccontare un manicomio dall'interno, ad Aloysius MacGahan, a cui si deve probabilmente il più grande pezzo di giornalismo di tutti i tempi (e pensare che si trattava di un reportage da una località sperduta della Bulgaria), la galleria dei personaggi è straordinaria.
Tredici reporter, ma soprattutto tredici grandi storie, ciascuna delle quali meriterebbe un romanzo. Un solo grande atto di amore nei confronti del giornalismo,
Libro non solo bello, perfino utile, in tempi in cui pare che dal giornalismo si possa prescindere, a cuor leggero.
Nessun commento:
Posta un commento