L'Olanda e la bicicletta possono essere un connubio scontato, così come l'Olanda e i mulini a vento o l'Olanda e i tulipani, ma certamente non è scontato ciò che ci racconta Marino Magliani nel suo Amsterdam è una farfalla (Ediciclo): un libro che è molto di più di una guida alternativa su un paese che, al di là dei luoghi comuni, conosciamo abbastanza poco e che poche tracce ha lasciato nella letteratura più diffusa in Italia. E ancora, un libro che non è nemmeno un resoconto di viaggio su due ruote, in una delle destinazioni più appetibili per gli appassionati di cicloturismo.
La sovversione delle regole e delle consuetudini della più conosciuta scrittura di viaggio è evidente fin dalle prime pagine: l'autore, chiamato a scrivere una guida di Amsterdam in bicicletta, inforca una bicicletta e comincia la sua peregrinazione nei giorni e nelle notti olandesi, tra le case affacciate sui canali e i pascoli fuori città, tra scorci sui tetti e discese nel ventre di Amsterdam.
Così la guida viene raccontata nel suo farsi e non è più guida, ma romanzo, o più precisamente, romanzo nel romanzo che prende corpo, tra divagazioni e digressioni, in un alternarsi e confondersi di personaggi, avvenimenti, tempi – dall'Olanda del secolo d'Oro al futuro dell'anno 2100 – e luoghi – perché ci sono i Paesi Bassi ma anche la Liguria dell'autore, le terre piatte e le montagne.
Magliani poi ci mette tanto di suo, con la sua penna inquieta, il suo linguaggio allo stesso pulito e ipnotico, la sua capacità di svoltare e offrire un nuovo scenario a ogni pagina.
Mi piace quando ci si riesce ad avventurare in territori inesplorati della letteratura di viaggio. Non importa andare nemmeno molto lontano. Magliani ci offre molto di più di un itinerario olandese, mescolando la puntuale descrizione di eventi e contesti con la vertigine esistenziale e metafisica di certi autori sudamericani – Borges su tutti.
E dal bozzolo di una città raccontata anche nei suoi lati oscuri riesce davvero a prendere il volo la farfalla di Amsterdam.
La sovversione delle regole e delle consuetudini della più conosciuta scrittura di viaggio è evidente fin dalle prime pagine: l'autore, chiamato a scrivere una guida di Amsterdam in bicicletta, inforca una bicicletta e comincia la sua peregrinazione nei giorni e nelle notti olandesi, tra le case affacciate sui canali e i pascoli fuori città, tra scorci sui tetti e discese nel ventre di Amsterdam.
Così la guida viene raccontata nel suo farsi e non è più guida, ma romanzo, o più precisamente, romanzo nel romanzo che prende corpo, tra divagazioni e digressioni, in un alternarsi e confondersi di personaggi, avvenimenti, tempi – dall'Olanda del secolo d'Oro al futuro dell'anno 2100 – e luoghi – perché ci sono i Paesi Bassi ma anche la Liguria dell'autore, le terre piatte e le montagne.
Magliani poi ci mette tanto di suo, con la sua penna inquieta, il suo linguaggio allo stesso pulito e ipnotico, la sua capacità di svoltare e offrire un nuovo scenario a ogni pagina.
Mi piace quando ci si riesce ad avventurare in territori inesplorati della letteratura di viaggio. Non importa andare nemmeno molto lontano. Magliani ci offre molto di più di un itinerario olandese, mescolando la puntuale descrizione di eventi e contesti con la vertigine esistenziale e metafisica di certi autori sudamericani – Borges su tutti.
E dal bozzolo di una città raccontata anche nei suoi lati oscuri riesce davvero a prendere il volo la farfalla di Amsterdam.
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