(da Paolo Ciampi, Di diverso parere, Romano editore.... che presenterò per la prima volta giovedì 20 settembre, ore 21, alla Nardini Bookstore di Firenze)
Accanto all'Happy Bar, giusto dietro l'angolo, qualche giorno
fa una sala scommesse ha preso il posto di un barbiere d'altri tempi,
che era lì almeno da quando in centro arrivavo a cavalluccio sulle
spalle di mio padre.
Già, non solo banche e immobiliari: anche le sale scommesse
proliferano in questa città, sarà che rimane solo il gioco a cui
aggrapparsi, dopo che le banche e le immobiliari, appunto, ti hanno
spolpato.
Alle banche e alle immobiliari preferisco senz'altro le sale
scommesse. Mi dispiace per quella bottega, con i suoi sedili in
similpelle, l'odore di borotalco e di lozione, i calendari con le
donnine accanto agli specchi, però questo posto non è male per la
libera uscita del pomeriggio.
Ne approfitto ora, col seguente programma: due passi, caffeino,
ancora due passi per sgranchirmi le gambe, quindi schedina scelta a
caso tra i tanti concorsi che lo Stato-lotteria propone nella sua
immensa benevolenza.
Tento con cinque estrazioni del Win for Life. Già che ci sono
azzardo anche con un Gratta e Vinci da tre euro. Mi piacevano più
quelli di prima, più semplici, più popolari, mica come ora che sono
così arzigogolati che c'è da preoccuparsi per un'imperdonabile
distrazione, orrore, orrore, gettato via il tagliando milionario,
orrore, come una perla ai porci, orrore, pensare che capita una sola
volta nella vita, se capita...
Mi piacevano di più, ma fa lo stesso, lo prendo, mi cerco un
angolino tutto per me, gratto e qualcosa in effetti vinco: venti
euro, mica poco di questi tempi.
Bello bello passo all'incasso. Non so se si vede, ma sono senz'altro
soddisfatto, più di quanto giustifichi l'entità della vincita. È
una soddisfazione che non ha niente a che spartire con i numeri.
Riguarda la qualità, la sensazione più unica che rara di stare per
una volta dalla parte del vincitore.
Non capita mai, per cui questa volta ben volentieri allungo la mano
sul banco.
Uno dei due proprietari dietro, giovincello tracagnotto che presumo
non abbia studiato alla Bocconi, ghermisce il tagliando e non mi
degna di un'occhiata. È tutto preso dalla sua discussione con un
tipo al mio fianco, altro figurino da Oxford, o piuttosto da
Cambridge, a scelta: «Ho mandato via ora tre cinesi, non mi
garbavano, chiamo la polizia, gli ho detto, finite dentro in cinque
minuti, gli ho detto»
E il figurino da Oxford, o piuttosto da Cambridge, a scelta: «Perché
non bruciarli? Con quanti ce ne sono ci si riscalda una vita»
E ride, come la battuta più irresistibile da un pezzo a questa
parte. Ride sganasciandosi il proprietario tracagnotto. Ridono
sgangherati due vecchietti, finora tutti presi a compilare un sistema
del Superenalotto.
Non ride solo il peruviano alla slot-machine, che la testa nemmeno la
solleva, anzi, se possibile la spalma ancora di più alla macchinetta
ingoia soldi, mentre infila altre monete.
Io me ne rimango fermo e zitto, rintanato nel silenzio dei conigli.
Per non deprimermi provo a spacciarla per paralisi da sdegno, giuro a
me stesso che qui dentro non rimetterò più piede, cascasse il
mondo.
Allungo il tagliando sul banco, incasso il ventino, giro i tacchi,
esco.
Il lavoro mi aspetta, un lavoro di cui farei volentieri a meno.
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