Fu tornando da quel viaggio che prese a frequentare i cimiteri. Intanto per scoprire domicili banali e prendere la vita come viene. Cercava il proprio posto nel mondo. Un luogo definitivo. Senza entusiasmi. La rivelazione finale della fragilità di ogni cosa.
Così tutto iniziò nel mezzo del deserto algerino, di fronte alla tomba di quel marabut con accanto un unico albero e da ogni lato il vuoto. Sarà stato per il vento che soffiava incessante, ma quel posto aveva la consistenza di un miraggio. Ci sono immagini che, senza ragioni particolari, segnano la vita e indicano un cammino.
Giuseppe Marcenaro, nel suo Cimiteri. Storie di rimpianti e di follie (Bruno Mondadori), ci racconta come da allora cominciò il suo viaggio attraverso i luoghi - i più diversi - destinati a ospitare ciò che rimane di noi. Viaggio singolare e suggestivo, che è anche viaggio tra i libri (le biblioteche non sono forse cimiteri?), prima di farsi anch'esso libro.
E dunque non solo il Père-Lachaise, uno dei luoghi più storici, più insoliti, più erotici di Parigi, non solo Highgate, il cimitero privato di Londra dove i vittoriani trovavano assai esclusivo e chic andarsene, senza nemmeno lontanamente immaginarsi che un giorno sarebbe stato frequentato soprattutto per la tomba di Karl Marx.
Quanti luoghi, in questo libro, che peraltro più che di lapidi si occupa di ciò che rimane ai vivi, i rimpianti di ciò che non è stato e le follie con cui si pretenderebbe di sopravvivere a se stessi.
Perché poi è definitiva - e buona come iscrizione funebre per l'intera umanità - questa frase, questo rigo appena di Georges Clemenceau:
I cimiteri sono pieni di persone insostituibili.
Così tutto iniziò nel mezzo del deserto algerino, di fronte alla tomba di quel marabut con accanto un unico albero e da ogni lato il vuoto. Sarà stato per il vento che soffiava incessante, ma quel posto aveva la consistenza di un miraggio. Ci sono immagini che, senza ragioni particolari, segnano la vita e indicano un cammino.
Giuseppe Marcenaro, nel suo Cimiteri. Storie di rimpianti e di follie (Bruno Mondadori), ci racconta come da allora cominciò il suo viaggio attraverso i luoghi - i più diversi - destinati a ospitare ciò che rimane di noi. Viaggio singolare e suggestivo, che è anche viaggio tra i libri (le biblioteche non sono forse cimiteri?), prima di farsi anch'esso libro.
E dunque non solo il Père-Lachaise, uno dei luoghi più storici, più insoliti, più erotici di Parigi, non solo Highgate, il cimitero privato di Londra dove i vittoriani trovavano assai esclusivo e chic andarsene, senza nemmeno lontanamente immaginarsi che un giorno sarebbe stato frequentato soprattutto per la tomba di Karl Marx.
Quanti luoghi, in questo libro, che peraltro più che di lapidi si occupa di ciò che rimane ai vivi, i rimpianti di ciò che non è stato e le follie con cui si pretenderebbe di sopravvivere a se stessi.
Perché poi è definitiva - e buona come iscrizione funebre per l'intera umanità - questa frase, questo rigo appena di Georges Clemenceau:
I cimiteri sono pieni di persone insostituibili.
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