Per iniziare un'immagine, che entra dentro come la prima inquadratura di un film, uno di quei film in bianco e nero che erano perfetti con Jean Gabin. E' notte, a Concarneau, cittadina della Bretagna che vive dei suoi pescherecci. Sopra i vecchi bastioni l'orologio segna le undici meno cinque. La marea è al suo culmine. Il vento fa cozzare l'una contro l'altra le barche ormeggiate nel porto e solleva alcune cartacce per terra. Le strade sono deserte. E' chiaro che qualcosa succederà, da qui a poco.
E quante cose succedono, in Il cane giallo, una delle otto inchieste del commissario Maigret che Georges Simenon sforna nel 1931, con straordinaria e invidiabilissima facilità di penna.
Ne succedono di cose, ma poi quello che rimane non è il delitto (i delitti), non è la soluzione dell'intrigo. Piuttosto è lo straordinario ritratto dei notabili di provincia, quelli che si ritrovano ogni giorno a un tavolo dell'Hotel de Amiral per bere qualcosa, giocare a carte, tirare le fila di qualche affaruccio. Piuttosto è il volto segnato dalla fatiche e dalle mortificazioni di quella cameriera, sarà un caso che si chiama Emma? Piuttosto è il fare e il non fare di questo commissario indolente e burbero, più a suo agio con un bicchiere di pernod che in una conversazione con il sindaco, investigatore dichiaratamente privo di un metodo di indagine.
E piuttosto è il vento, il vento di Concarneau, il vento che gonfia le vele e i soprabiti dei buoni borghesi.
E quante cose succedono, in Il cane giallo, una delle otto inchieste del commissario Maigret che Georges Simenon sforna nel 1931, con straordinaria e invidiabilissima facilità di penna.
Ne succedono di cose, ma poi quello che rimane non è il delitto (i delitti), non è la soluzione dell'intrigo. Piuttosto è lo straordinario ritratto dei notabili di provincia, quelli che si ritrovano ogni giorno a un tavolo dell'Hotel de Amiral per bere qualcosa, giocare a carte, tirare le fila di qualche affaruccio. Piuttosto è il volto segnato dalla fatiche e dalle mortificazioni di quella cameriera, sarà un caso che si chiama Emma? Piuttosto è il fare e il non fare di questo commissario indolente e burbero, più a suo agio con un bicchiere di pernod che in una conversazione con il sindaco, investigatore dichiaratamente privo di un metodo di indagine.
E piuttosto è il vento, il vento di Concarneau, il vento che gonfia le vele e i soprabiti dei buoni borghesi.
Bella recensione per un gran bel libro. Hai letto la mia? eccola:
RispondiEliminahttp://oscarmontani.blogspot.it/2011/12/il-gufo-giallo-20.html