Vedi, Ernesto, solcando questo mare, tutto a dritto, si arriva a
Gotland. Antica terra di spavaldi uomini di mare che con i loro
traffici si spingevano fino in Russia e avevano rapporti perfino con
i mercanti arabi. Gotland, anzi, l'isola di Gotland, la più grande
del Baltico. Per dare un'idea, come la Guadalupa e la Martinica messe
insieme.
Crocevia di rotte e di traffici, Gotland in effetti è conosciuta
anche per la sua lana. Ed è decisamente fiera delle sue pecore,
quasi le garantissero uno speciale appeal. Non solo perché vanta più
pecore che esseri umani. È che qui le pecore nere vanno per la
maggiore, ponendo qualche problema a chi è solito considerarle come
l'eccezione nel gregge, l'anomalia.
Gotland è in primo luogo il suo porto, Visby, città anseatica dove
per secoli hanno saputo convivere tedeschi, danesi, russi, lituani,
estoni. Città potente, città che si è fatta forte dei suoi
traffici. E quante merci che sono transitate per quelle banchine.
Tessuti fiamminghi, pellicce siberiane, caterve di pesce salato. Più
le ricchezze accumulate da altri personaggi per cui il commercio non
era occupazione, ma ragione di appetito e quindi di guadagno
illecito.
Già, i pirati di Gotland. Uno in particolare, il più famoso di
tutti. Un tedesco di Wismar, Klaus Störtebeker. Che poi non è un
nome, ma un soprannome, che in tedesco antico suona più o meno così:
Klaus svuota il boccale in un sorso. La dice lunga sulla sua capacità
di tracannare birra e direi anche sulla sua propensione al galateo.
Per inciso, pare che i boccali di cui al soprannome fossero da
quattro litri, mica scherzi, si vede che nel Trecento usava così.
Esperto uomo di mare, il buon Klaus venne assoldato dagli svedesi, in
guerra contro la Danimarca. Stoccolma era sotto assedio, c'era
bisogno di uno come lui per far fuori qualche nave nemica e
assicurare i rifornimenti.
Quando la guerra finì Klaus e i suoi ci avevano preso gusto.
Proseguirono per conto loro. Divennero alla svelta il terrore dei
mari, incubo di tutti i bravi mercanti dell'Hansa. Eloquente il loro
grido di battaglia. Amici di Dio e nemici del mondo intero. In
tedesco suona ancora più possente: Gottes Freunde und Aller Welt
Fende. Non importa la traduzione letterale, fa venire i brividi
uguale.
Visby fu il loro quartier generale, Gotland la loro Tortuga. A
vederla dall'alto si capisce perché. Pare una macchia d'inchiostro
dai contorni più che irregolari, con decine di penisole, fiordi e
insenature, con grandi specchi d'acqua interni collegati al mare
aperto da stretti passaggi. Un rifugio ideale, senza sottovalutare le
molteplici tentazioni di Visby, buone per dilapidare interi bottini.
Quante storie si raccontano su Klaus Störtebeker, e vai poi a capire
il vero che c’è. Dicono che un albero della sua nave era d'oro.
Raccontano che una volta sfuggì alla cattura perché due intere
flotte si distrussero a vicenda, credendo di cannoneggiare i pirati.
Ricordano che era spietato, questo sì, ma anche generoso con i
poveri, una sorta di Robin Hood del Baltico. Sorridono ripetendo che
per far parte della sua ciurma bisognava reggere bene la birra, cosa
quest'ultima che va da sé, visto quel soprannome.
Imperversò a lungo, Klaus Störtebeker, più di quanto solitamente
consenta un mestiere ad altissimo rischio come il suo. Solo nel 1401,
quando ormai aveva doppiato il capo dei 40 anni, la sua carriera
venne brutalmente interrotta dalle navi di Amburgo, capitanate da
Simone di Utrecht. Pare che di mezzo si sia messo il solito
traditore, che si vede non manca mai quando si tratta di prendere
l'imprendibile.
Si dice che abbia provato a comprarsi la vita e la libertà con una
catena d'oro lunga quanto il perimetro dell'intera città di Amburgo.
Offerta respinta. Venne condannato a morte, insieme a tutti i 73
uomini della sua banda.
Si dice anche che abbia tentato di salvare i suoi compagni, con una
proposta decisamente originale nella storia delle esecuzioni di
massa. Liberate quanti dei miei uomini riuscirò a oltrepassare
avanzando sulle mie gambe dopo che mi avrete decapitato. Così
propose al borgomastro.
Racconta la leggenda che prima di essere bloccato dal boia si lasciò
dietro ben dodici compagni. Lecito dubitarne, ma in ogni caso i
cittadini di Amburgo furono poco sportivi. Non risparmiarono nemmeno
quei dodici.
Che tempi, davvero. E lo so, Ernesto, che questa storia ti piace di
più di quella dei poveri Venedi, vittime di una crociata
dimenticata. Lo so che già fantastichi dietro galeoni gonfi di
metalli preziosi e assalti all’arma bianca.
Un'altra volta magari ti racconterò anche del Vasa, il vascello del
re di Svezia che il 10 agosto 1628 prese il largo per il suo viaggio
inaugurale, solo che appena lasciato il porto di Stoccolma si lasciò
piegare da una folata nemmeno fosse una canna di bambù, imbarcò
acqua e colò a picco.
Non c’entra niente, con i pirati, ma è una bella storia da
raccontare, no?
(da Paolo Ciampi, Le nuvole del Baltico, Mauro Pagliai editore)
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