Che 2013 sarà per il libro in Italia? Che cosa succederà a tante piccole e medie case editrici, a tante librerie indipendenti e naturalmente anche a tanti autori?
Almeno in parte, credo, le cose dipenderanno anche da noi, dal modo con cui ognuno di noi saprà lavorare sull'idea che comprare un libro significa assai di più che comprare un libro, appunto. Ma ovviamente non è solo questo. Mi ha fatto pensare l'intervista di Agnese Manni - dell'editore Manni - pubblicata sull'ultimo numero de L'Indice. Con la sua implacabile diagnosi:
La crisi economica ha acuito le storture di un mercato eeditoriale già malato, orientato in senso oligopolistico, in cui era complicato farsi spazio. Adesso è diventato quasi impossibile stare a galla, perché le majors (che possiedono, oltre a case editrici, anche catene di librerie, aziende di promozione e distribuzione, giornali e televisioni), anch'esse in crisi, serrano le fila.
Meno copie che arrivano in librerie, meno copie vendute (e più rese), meno titoli pubblicati (cosa che in parte può essere anche un bene, sempre che, come invece capita, a essere tagliata non sia proprio la qualità). Ma aggiunge, Agnese Manni:
Forse per la prima volta nella storia d'Italia sarebbe il caso che ci fosse un intervento pubblico di sostegno all'editoria indipendente, non perché piccolo è bello, ma perché essa garantisce pluralità d'informazione e maggior livello di formazione E sto facendo un discorso tutto interno alla logica produttivista: le nazioni che hanno tassi di lettura alti, sono quelle economicamente più progredite. Il libro è un bene comune nel senso che la lettura è una risorsa pubblica, e - ripeto - risorsa nel senso di ricchezza che produce.
Mi piace pensare a una battaglia per il libro come bene comune. Mi piace pensare che si sia in tanti a serrare le fila - librerie e lettori, case editrici e autori - nel segno della qualità, dell'indipendenza, della passione. Mi piace pensare che a volte la linea di Resistenza possa perfino essere semplice - per esempio entrare in una libreria di quartiere, per esempio acquistare o fare acquistare un libro di una piccola editrice - e che grazie a gesti così (senza dare un alibi a chi i problemi strutturali deve comunque risolverli) si possa avere davanti ancora molta strada.
I libri sono viaggi, è il titolo di questo blog. Spero che nel futuro ci sia ancora molta possibilità di viaggiare.
Almeno in parte, credo, le cose dipenderanno anche da noi, dal modo con cui ognuno di noi saprà lavorare sull'idea che comprare un libro significa assai di più che comprare un libro, appunto. Ma ovviamente non è solo questo. Mi ha fatto pensare l'intervista di Agnese Manni - dell'editore Manni - pubblicata sull'ultimo numero de L'Indice. Con la sua implacabile diagnosi:
La crisi economica ha acuito le storture di un mercato eeditoriale già malato, orientato in senso oligopolistico, in cui era complicato farsi spazio. Adesso è diventato quasi impossibile stare a galla, perché le majors (che possiedono, oltre a case editrici, anche catene di librerie, aziende di promozione e distribuzione, giornali e televisioni), anch'esse in crisi, serrano le fila.
Meno copie che arrivano in librerie, meno copie vendute (e più rese), meno titoli pubblicati (cosa che in parte può essere anche un bene, sempre che, come invece capita, a essere tagliata non sia proprio la qualità). Ma aggiunge, Agnese Manni:
Forse per la prima volta nella storia d'Italia sarebbe il caso che ci fosse un intervento pubblico di sostegno all'editoria indipendente, non perché piccolo è bello, ma perché essa garantisce pluralità d'informazione e maggior livello di formazione E sto facendo un discorso tutto interno alla logica produttivista: le nazioni che hanno tassi di lettura alti, sono quelle economicamente più progredite. Il libro è un bene comune nel senso che la lettura è una risorsa pubblica, e - ripeto - risorsa nel senso di ricchezza che produce.
Mi piace pensare a una battaglia per il libro come bene comune. Mi piace pensare che si sia in tanti a serrare le fila - librerie e lettori, case editrici e autori - nel segno della qualità, dell'indipendenza, della passione. Mi piace pensare che a volte la linea di Resistenza possa perfino essere semplice - per esempio entrare in una libreria di quartiere, per esempio acquistare o fare acquistare un libro di una piccola editrice - e che grazie a gesti così (senza dare un alibi a chi i problemi strutturali deve comunque risolverli) si possa avere davanti ancora molta strada.
I libri sono viaggi, è il titolo di questo blog. Spero che nel futuro ci sia ancora molta possibilità di viaggiare.
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