giovedì 29 novembre 2012

Sono io Gatsby, disse improvvisamente

"Sono io Gatsby" disse improvvisamente.

"No!" esclamai. "Oh, ti chiedo scusa."

"Credevo che tu lo sapessi, vecchio mio. Temo di non essere un buon padrone di casa."

Sorrise con aria comprensiva, molto più che comprensiva. Era uno di quei sorrisi rari, dotati di un eterno incoraggiamento, che si incontrano quattro o cinque volte nella vita. Affrontava - o pareva affrontare - l'intero eterno mondo per un attimo, e poi si concentrava sulla persona a cui era rivolto con un pregiudizio irresistibile a suo favore.

La capiva esattamente fin dove voleva essere capita, credeva in lei come a lei sarebbe piaciuto credere in se stessa, e la assicurava di aver ricevuto da lei esattamente l'impressione che sperava di produrre nelle condizioni migliori.

Esattamente a questo punto svaniva, e io mi trovavo di fronte a un giovane elegante che aveva superato da poco la trentina e la cui ricercatezza nel parlare rasentava l'assurdo.


(Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby, Mondadori)

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