Nel 2006 è morto mio figlio Uri, soldato. E io ero perso, vuoto, esiliato da tutto e tutti.
La mia vita era deformata, non c'era più nulla di garantito, né più nulla da riparare. Stavo seduto senza trovare le parole.
Poi ho pensato che io vivo nella letteratura, è un dono, è un privilegio: e le parole hanno una loro magia, sanno essere ironiche, fantasticare anche nei momenti peggiori.
Ma tornando a Freud, che anch'io stimo come scrittore, la psicanalisi se vede un uomo annegare corre a salvarlo, io invece voglio affondare con lui.
Per me scrivere è questo, è affrontare intensamente le emozioni, non sfuggirle, e così mi sono ributtato nel mio mondo.
Le parole non mi riporteranno Uri, ma io ho scelto l'arte di scrivere e devo andare avanti.
(David Grossman, da Repubblica, Non ci lasceranno senza parole)
La mia vita era deformata, non c'era più nulla di garantito, né più nulla da riparare. Stavo seduto senza trovare le parole.
Poi ho pensato che io vivo nella letteratura, è un dono, è un privilegio: e le parole hanno una loro magia, sanno essere ironiche, fantasticare anche nei momenti peggiori.
Ma tornando a Freud, che anch'io stimo come scrittore, la psicanalisi se vede un uomo annegare corre a salvarlo, io invece voglio affondare con lui.
Per me scrivere è questo, è affrontare intensamente le emozioni, non sfuggirle, e così mi sono ributtato nel mio mondo.
Le parole non mi riporteranno Uri, ma io ho scelto l'arte di scrivere e devo andare avanti.
(David Grossman, da Repubblica, Non ci lasceranno senza parole)
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