Com'è breve quello che si fa, quando si è vivi; che tremende speranze ogni tanto.
Che libro potente ed evocativo che è L'ora di tutti di Maria Corti (Bompiani), un libro che aveva acquistato alcuni anni fa, nel corso di una mia vacanza nel Salento - perché si sa, è bello sintonizzare un viaggio con le giuste letture - ma che poi mi era rimasto nella solita pila dei libri che forse un giorno o l'altro... fino a che mi sono deciso.
Temevo il romanzo storico trito e ritrito, galeoni e scimitarre a profusione, con l'infedele che viene dal mare a portare sventura, ennesima versione del Mamma li turchi. Temevo i toni da crociata, il grido di dolore ed esecrazione, l'alibi scovato nella storia, per alimentare ancora la fiamma dell'odio e dello scontro. E temevo, è vero, anche uno stile di altri tempi, perché questo non è un libro di oggi, è un libro di cui già nel 1963 uno come Giorgio Caproni scriveva cose così:
Una storia, la quale non tocca tanto l'epica esteriore dell'avvenimento, bensì, l'altra, quella molto più nascosta ed intima di coloro, uomini e donne, che ne furono i concreti protagonisti.
E la storia, va bene, è quella dell'assalto dei turchi alla città di Otranto, nel tardo Quattrocento, la conquista e il successivo spaventoso massacro. Ma poi tutto questo fa quasi da sfondo alle storie, alle persone, agli umili catapultati in tutto questo. E Otranto diventa terra di passioni, terra di umanità, terra di poesia.
Che libro potente ed evocativo che è L'ora di tutti di Maria Corti (Bompiani), un libro che aveva acquistato alcuni anni fa, nel corso di una mia vacanza nel Salento - perché si sa, è bello sintonizzare un viaggio con le giuste letture - ma che poi mi era rimasto nella solita pila dei libri che forse un giorno o l'altro... fino a che mi sono deciso.
Temevo il romanzo storico trito e ritrito, galeoni e scimitarre a profusione, con l'infedele che viene dal mare a portare sventura, ennesima versione del Mamma li turchi. Temevo i toni da crociata, il grido di dolore ed esecrazione, l'alibi scovato nella storia, per alimentare ancora la fiamma dell'odio e dello scontro. E temevo, è vero, anche uno stile di altri tempi, perché questo non è un libro di oggi, è un libro di cui già nel 1963 uno come Giorgio Caproni scriveva cose così:
Una storia, la quale non tocca tanto l'epica esteriore dell'avvenimento, bensì, l'altra, quella molto più nascosta ed intima di coloro, uomini e donne, che ne furono i concreti protagonisti.
E la storia, va bene, è quella dell'assalto dei turchi alla città di Otranto, nel tardo Quattrocento, la conquista e il successivo spaventoso massacro. Ma poi tutto questo fa quasi da sfondo alle storie, alle persone, agli umili catapultati in tutto questo. E Otranto diventa terra di passioni, terra di umanità, terra di poesia.
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