Ci sono piccoli grandi libri, che sembrano raccontare solo una storia locale, un pugno di vicende nascoste nelle pieghe del passato. Invece abbracciano tutta un'epoca, donano il senso di un'idea in marcia, oltrepassano i confini di un paese o di un comune di poche migliaia di abitanti, raccontano in sostanza ciò che siamo stati e non smettono di bussare al nostro cuore e anche di interpellarci.
E' tutto questo O libertade o morte! di Daniela Bernardini e Luigi Puccini (edizioni Ets), un'opera che intende raccontare l'epopea risorgimentale di Buti, piccola cittadina della Toscana dove non si sono combattute battaglie, dove non si sono registrati moti popolari, che non si ricorda per armistizi, abdicazioni o trattati.
Una cittadina che, apparentemente, ha vissuto ai margini della grande storia. Eppure anche a Buti ha piantato radici l'idea di Italia di Giuseppe Garibaldi, da qui sono partiti volontari e sogni, qui sono tornati gli stessi volontari con qualche ferita e magari qualche delusione in più.
A Buti Garibaldi è passato solo una volta, presumibilmente per poche ore. Ma quante aspettative, quanti sogni, quante chiacchiere e quanti ricordi, intorno al Generale. Quante vite, anzi, quante storie di vita che potrebbero essere dei nostri progenitori.
C'è un modo di restituire il senso della storia che non ha niente a che vedere con la preparazione accademica, i riferimenti bibliografici, l'apparato di note. Lo ritrovo in queste pagine: le prime, per esempio, che girano tutto intorno alle frequentazioni e alle conversazioni in trattoria; o le ultime, con la storia di un monumento a Garibaldi che non si farà, di una targa spostata, di una piazza che ormai è solo una piazza, non più la piazza di Garibaldi. Bello e perfino commovente.
E' tutto questo O libertade o morte! di Daniela Bernardini e Luigi Puccini (edizioni Ets), un'opera che intende raccontare l'epopea risorgimentale di Buti, piccola cittadina della Toscana dove non si sono combattute battaglie, dove non si sono registrati moti popolari, che non si ricorda per armistizi, abdicazioni o trattati.
Una cittadina che, apparentemente, ha vissuto ai margini della grande storia. Eppure anche a Buti ha piantato radici l'idea di Italia di Giuseppe Garibaldi, da qui sono partiti volontari e sogni, qui sono tornati gli stessi volontari con qualche ferita e magari qualche delusione in più.
A Buti Garibaldi è passato solo una volta, presumibilmente per poche ore. Ma quante aspettative, quanti sogni, quante chiacchiere e quanti ricordi, intorno al Generale. Quante vite, anzi, quante storie di vita che potrebbero essere dei nostri progenitori.
C'è un modo di restituire il senso della storia che non ha niente a che vedere con la preparazione accademica, i riferimenti bibliografici, l'apparato di note. Lo ritrovo in queste pagine: le prime, per esempio, che girano tutto intorno alle frequentazioni e alle conversazioni in trattoria; o le ultime, con la storia di un monumento a Garibaldi che non si farà, di una targa spostata, di una piazza che ormai è solo una piazza, non più la piazza di Garibaldi. Bello e perfino commovente.
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