No, non usate più la metafora del tunnel, almeno per il mercato del libro in Italia. Troppo ottimismo. E' come dire che prima o poi la crisi finirà e presto torneremo alla luce. Troppo ottimismo, appunto. E non è questa l'aria che si respira al Salone del Libro di Torino.
I dati, resi noti dall'Aie (cioé dall'Associazione Italiana Editori), sono impietosi. Nei primi quattro mesi del 2013 le vendite hanno segnato un - 4,4%, che si aggiunge al - 15% dei due anni precedenti: un intero settore industriale che sta sparendo, insieme alla possibilità di fare e condividere cultura in questo paese.
E niente foglie di fico, per favore. Questa non è solo una rivoluzione tecnologica, dato che il libro digitale oggi rappresenta solo un misero tre per cento del mercato complessivo. Semmai il crollo delle vendite non coincide del tutto con un crollo delle letture, se è vero che anche a Torino in questi giorni si è fatto la coda agli stand che proponevano libri in offerta a un euro.
E sapete, questo mi sembra anche peggio, anche dopo aver riconosciuto che le tasche degli italiani sono sempre più vuote. Fatto sta che per uno smartphone o un prodotto dietetico si può ancora essere disposti a spendere. Per la cultura no, la cultura va bene se si regala.
Scrive Simonetta Fiori, su Repubblica, in un articolo dal Salone pubblicato col titolo Librolandia nel paese dell'ignoranza:
Da noi non si intravede nessun barlume, dicono gli affannati abitanti della libropoli torinese. Solo un precipizio di mille metri, come quello avvistato da Willy il Coyote.
Solo che il mitico Willy dopo il precipizio e l'impatto al suolo si rivede di nuovo in pista, a tentarci per l'ennesima volta con il maledetto Bebeep. Con i libri non funziona così.
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