A Philadelphia cominciai a fare calcoli inutili, moltiplicando il numero di libri che avevo letto l'anno precedente per il numero di anni che potevo ancora ragionevolmente aspettarmi di vivere, e scorgendo nelle tre cifre del risultato non tanto un preannuncio di mortalità (anche se le notizie da quel fronte non mi tirarono su di morale), quanto una misura dell'incompatibilità del lento lavoro della lettura con l'ipercinesi della vita moderna.
D'un tratto ebbi l'impressione che i miei amici che un tempo leggevano non si giustificassero neanche più per il fatto di avere smesso.
Una giovane conoscente che si era laureata in Letteratura inglese, quando le chiesi cosa stesse leggendo, rispose: "Vuoi dire lettura 'lineare'? Come quando leggi un libro dall'inizio alla fine?"
(Jonathan Franze, Come stare soli, Einaudi)
D'un tratto ebbi l'impressione che i miei amici che un tempo leggevano non si giustificassero neanche più per il fatto di avere smesso.
Una giovane conoscente che si era laureata in Letteratura inglese, quando le chiesi cosa stesse leggendo, rispose: "Vuoi dire lettura 'lineare'? Come quando leggi un libro dall'inizio alla fine?"
(Jonathan Franze, Come stare soli, Einaudi)
Nessun commento:
Posta un commento