Un mistero, certo, ma che se mai si risolverà non lo sarà sciogliendolo dalla fine, dalla scomparsa del titolo. Perché non è una questione di indizi e nemmeno di testimonianze meno evanescenti. Parole scritte, voci che si rincorrono, ombre che appaiono e scompaiono come mosse dal vento. Figurarsi se è così che si saprà qualcosa di più di Ettore Majorana e del mistero che ormai la accompagna da più di tre quarti di secolo. Meglio indagare sulle profondità della sua persona. Meglio esplorare il suo rapporto con la scienza, con quella scienza che sta per superare il più terribile dei limiti.
Mi era sfuggito, ai tempi, La scomparsa di Majorana, uno dei pochi titoli di Leonardo Sciascia assenti dalla mia libreria. Sarà che su di esso mi ero fatto un'idea sbagliata. Fortuna che l'altro giorno l'ho trovato su uno scaffale di book crossing. Visto e preso: dimensioni ideali per un viaggio in treno.
E così mi sono avventurato sul mistero di questo giovane scienziato, così diverso da Enrico Fermi e dagli altri ragazzi di via Panisperna, perché Fermi e i "ragazzi" cercavano, mentre lui semplicemente trovava. Talento enorme, Majorana, capace più di tutti di varcare soglie verso l'ignoto. E di comprendere per tempo cosa questo avrebbe comportato.
Scontroso lo era sempre stato. E pure allergico a ogni cono di luce. Gli altri lo esortavano a pubblicare le sue scoperte e lui farfugliava che era roba da bambini. Certe idee di genio, per cui avrebbero penato interi centri di ricerca, lui le mise nero su bianco su qualche foglio sparso, per poi dimenticarsele nei pantaloni e gettarle via. Forse se la intese solo con il grande Werner Heisenberg, anche se non sapeva spiccicare parola nella sua lingua. Entrambi avevano capito a cosa si andava incontro. Entrambi avevavo intuito che, al cospetto di quel limite, ci si doveva solo fermare.
Dice Sciascia che nella storia della bomba atomica gli scienziati che dovevano essere schiavi si comportarono da uomini liberi. A differenza degli scienziati che potevano essere liberi.
Majorana forse la libertà se la conquistò solo scomparendo. E il suo mistero - il mistero di una scelta di fronte all'orrore - ancora oggi affascina e inquieta.
Mi era sfuggito, ai tempi, La scomparsa di Majorana, uno dei pochi titoli di Leonardo Sciascia assenti dalla mia libreria. Sarà che su di esso mi ero fatto un'idea sbagliata. Fortuna che l'altro giorno l'ho trovato su uno scaffale di book crossing. Visto e preso: dimensioni ideali per un viaggio in treno.
E così mi sono avventurato sul mistero di questo giovane scienziato, così diverso da Enrico Fermi e dagli altri ragazzi di via Panisperna, perché Fermi e i "ragazzi" cercavano, mentre lui semplicemente trovava. Talento enorme, Majorana, capace più di tutti di varcare soglie verso l'ignoto. E di comprendere per tempo cosa questo avrebbe comportato.
Scontroso lo era sempre stato. E pure allergico a ogni cono di luce. Gli altri lo esortavano a pubblicare le sue scoperte e lui farfugliava che era roba da bambini. Certe idee di genio, per cui avrebbero penato interi centri di ricerca, lui le mise nero su bianco su qualche foglio sparso, per poi dimenticarsele nei pantaloni e gettarle via. Forse se la intese solo con il grande Werner Heisenberg, anche se non sapeva spiccicare parola nella sua lingua. Entrambi avevano capito a cosa si andava incontro. Entrambi avevavo intuito che, al cospetto di quel limite, ci si doveva solo fermare.
Dice Sciascia che nella storia della bomba atomica gli scienziati che dovevano essere schiavi si comportarono da uomini liberi. A differenza degli scienziati che potevano essere liberi.
Majorana forse la libertà se la conquistò solo scomparendo. E il suo mistero - il mistero di una scelta di fronte all'orrore - ancora oggi affascina e inquieta.
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