Se non lo aggiunge lei, magari lo dirò io: certo che
è anche altro, chi scrive poesie.
Lo so, perché la poesia è sempre stata piena di
delinquenti. Francois Villon condannato all'impiccagione e graziato.
Christopher Marlowe, spia dal coltello facile. Arthur Rimbaud
mercante di schiavi. Potrei metterne in fila diversi altri.
Attaccabrighe, ladri, tossici e ruffiani. Bari e falsari. Sicari e
collaborazionisti della peggiore specie.
Meno male che il tempo in genere è galantuomo. Se
non perdona, dimentica. Dimentica e va avanti. Si porta dietro solo
ciò che serve. Cancella sentenze e magari si intasca la bellezza di
un verso.
Certo che è anche altro, chi scrive poesie. Però a
me non piace nemmeno questa parola: delinquente. Anche per il
peggiore dei peggiori. Figurarsi per chi scrive poesie.
Un altro pensiero batte le ali
come una farfalla. Provo a inseguirlo con il retino dell'attenzione.
Il silenzio. Non è mio e di Bruna, il silenzio. Non è di questa
città. C'è un altro silenzio, che ora si è fatto largo tra noi.
Il silenzio di una persona che non c'è più. Di un
padre che si è portato via persino i ricordi della figlia.
Questo silenzio. Il silenzio di
uomo che era anche altro. Qualunque
cosa abbia combinato.
E qualunque cosa abbia combinato, comincia a
riguardarmi, questo silenzio.
(Paolo Ciampi, Il babbo era un ladro, Romano editore)
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