Di fronte allo specchio del bagno, asciugandomi, fisso il mio viso. Gli occhi rossi, la barba grigia: un viso completamente diverso da quello con cui ho cominciato. Ma diverso anche da quello che ho visto lo scorso anno nello stesso specchio.
Chiunque io sia, non sono il ragazzo che ho intrapreso questa odissea. Non sono nemmeno l'uomo che, tre mesi fa, ha annunciato che l'odissea era giunta al termine.
Sono come una racchetta da tennis alla quale ho cambiato quattro volte l'impugnatura e sette volte le corde: è esatto dire che è la stessa racchetta?
Eppure, in fondo a quegli occhi, riesco ancora a scorgere il ragazzino che voleva lasciar perdere, il ragazzino che "ha lasciato perdere" varie volte.
Vedo il ragazzino che odiava il tennis e mi chiedo come quel bambino dalla zazzera dorata veda quest'uomo calvo, che continua a odiare il tennis, eppure ancora gioca.
(Andre Agassi, Open, Einaudi)
Chiunque io sia, non sono il ragazzo che ho intrapreso questa odissea. Non sono nemmeno l'uomo che, tre mesi fa, ha annunciato che l'odissea era giunta al termine.
Sono come una racchetta da tennis alla quale ho cambiato quattro volte l'impugnatura e sette volte le corde: è esatto dire che è la stessa racchetta?
Eppure, in fondo a quegli occhi, riesco ancora a scorgere il ragazzino che voleva lasciar perdere, il ragazzino che "ha lasciato perdere" varie volte.
Vedo il ragazzino che odiava il tennis e mi chiedo come quel bambino dalla zazzera dorata veda quest'uomo calvo, che continua a odiare il tennis, eppure ancora gioca.
(Andre Agassi, Open, Einaudi)
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