Che tempo farà oggi? E domani?
Fino a qualche anno fa non mi preoccupavo molto di domande così. La meteorologia era questione da colonnelli dell'aeronautica o da anziani signori, piuttosto annoiati. Era la mappa dell'Italia prima del telegiornale, cioè prima delle notizie che davvero contavano. Era l'appuntamento con previsioni che non sempre ci azzeccavano e soprattutto non avevano niente a che vedere con ciò che avrei potuto fare o non fare. Indifferenti a gesti quali riciclare la carta, abbassare un termosifone, lasciare l'auto sotto casa.
Non è che ora mi appassionino, le previsioni del tempo. Le lascio volentieri agli inglesi che, così segnalano curiose statistiche, se le coccolano come il loro primo argomento di conversazione. Però è un pezzo che i miei pensieri girano intorno a questa storia dell'effetto farfalla.
Oggi è facile che questo concetto desti la tipica insofferenza riservata alle espressioni inflazionate. Però oltre l'uso e l'abuso, c'è la solidità della scienza. In fondo è di questo che parlava già il matematico inglese Alan Turing, uno degli uomini che dobbiamo ringraziare se oggi il computer è uno strumento di uso domestico come la moka per il caffè.
Lo spostamento di un singolo elettrone per un miliardesimo di centimetro, a un momento dato, potrebbe significare la differenza tra due avvenimenti molto diversi, come l'uccisione di un uomo un anno dopo, a causa di una valanga, o la sua salvezza.
Così diceva il grande Alan Turing, a cui fece seguito un altro matematico, Edward Lorenz, un nome legato alla teoria del caos:
Un meteorologo fece notare che, se le teorie erano corrette, un battito delle ali di un gabbiano sarebbe stato sufficiente ad alterare il corso del clima per sempre.
Era il 1963: a battere le ali era ancora un gabbiano, e non una farfalla; quel movimento leggero come un fremito non era stato collegato a varie tipologie di disastro, dal tornado in Texas al terremoto a Tokio. Però il concetto c'era già tutto. Sono contento che sia arrivato fino a me.
Insomma, oggi sono convinto che dalle cause più lievi si possano scatenare effetti giganteschi. E che più cause apparentemente lievi abbiano maggiori possibilità di scatenare effetti giganteschi. Gesti impalpabili, passi che in apparenza non lasciano orme. E sull'altro piatto della bilancia mica solo disastri. Anche doni di vita, possibilità di salvezza.
(in Paolo Ciampi-Massimo Orlandi, Semi di cambiamento, edizioni Romena)
Fino a qualche anno fa non mi preoccupavo molto di domande così. La meteorologia era questione da colonnelli dell'aeronautica o da anziani signori, piuttosto annoiati. Era la mappa dell'Italia prima del telegiornale, cioè prima delle notizie che davvero contavano. Era l'appuntamento con previsioni che non sempre ci azzeccavano e soprattutto non avevano niente a che vedere con ciò che avrei potuto fare o non fare. Indifferenti a gesti quali riciclare la carta, abbassare un termosifone, lasciare l'auto sotto casa.
Non è che ora mi appassionino, le previsioni del tempo. Le lascio volentieri agli inglesi che, così segnalano curiose statistiche, se le coccolano come il loro primo argomento di conversazione. Però è un pezzo che i miei pensieri girano intorno a questa storia dell'effetto farfalla.
Oggi è facile che questo concetto desti la tipica insofferenza riservata alle espressioni inflazionate. Però oltre l'uso e l'abuso, c'è la solidità della scienza. In fondo è di questo che parlava già il matematico inglese Alan Turing, uno degli uomini che dobbiamo ringraziare se oggi il computer è uno strumento di uso domestico come la moka per il caffè.
Lo spostamento di un singolo elettrone per un miliardesimo di centimetro, a un momento dato, potrebbe significare la differenza tra due avvenimenti molto diversi, come l'uccisione di un uomo un anno dopo, a causa di una valanga, o la sua salvezza.
Così diceva il grande Alan Turing, a cui fece seguito un altro matematico, Edward Lorenz, un nome legato alla teoria del caos:
Un meteorologo fece notare che, se le teorie erano corrette, un battito delle ali di un gabbiano sarebbe stato sufficiente ad alterare il corso del clima per sempre.
Era il 1963: a battere le ali era ancora un gabbiano, e non una farfalla; quel movimento leggero come un fremito non era stato collegato a varie tipologie di disastro, dal tornado in Texas al terremoto a Tokio. Però il concetto c'era già tutto. Sono contento che sia arrivato fino a me.
Insomma, oggi sono convinto che dalle cause più lievi si possano scatenare effetti giganteschi. E che più cause apparentemente lievi abbiano maggiori possibilità di scatenare effetti giganteschi. Gesti impalpabili, passi che in apparenza non lasciano orme. E sull'altro piatto della bilancia mica solo disastri. Anche doni di vita, possibilità di salvezza.
(in Paolo Ciampi-Massimo Orlandi, Semi di cambiamento, edizioni Romena)
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