Meno male che c'è chi non si arrende e, anzi, proprio ora ci prova. Malgrado la crisi, malgrado i conti che non tornano mai, malgrado i tempi bui non solo per le vendite ma anche per la fatica che fa a farsi largo la qualità. Meno male che esistono ancora case editrici senza grandi spalle, ma che vanno avanti con le loro proposte che niente hanno a che vedere con calcoli miopi che alla lunga fanno solo male. In natura c'è la biodiversità, ma anche nella cultura c'è qualcosa di simile, da tenere come cosa preziosa.
Prendete per esempio DeComporre edizioni, casa editrice di Gaeta, piccola, coraggiosa, intraprendente. Ricca soprattutto di passione, e lo posso dire, visto che ho avuto modo di conoscere le persone che la animano.
Ecco una loro proposta: Disjecta di Iginio Ugo Tarchetti.
Chi era, Iginio Ugo Tarchetti? Nemmeno io lo conoscevo, eppure un posto nella letteratura italiana ce l'ha avuto. Siamo verso la metà dell'Ottocento. Tarchetti è un ragazzo che ha appena voltato le spalle a una promettente carriera nell'amministrazione militare. Si è trasferito a Milano, che non è più la Milano degli Asburgo e delle Cinque Giornate. E' sempre più la Milano della buona borghesia, ma allo stesso tempo è la città dove soffia una brezza di inquietudine, che chissà, forse un giorno si farà tempesta.
All'ombra della Madonnina il nostro entra in contatto con i salotti della Scapigliatura e ne diventa una delle penne più rappresentative. Scrive, scrive molto, prima di morire troppo presto, a nemmeno 30 anni, consumato dalle difficoltà economiche e dalla tisi: epilogo quasi scritto sui muri per un poeta dell'Ottocento, per uno scapigliato che come tale non immaginiamo a mettere su famiglia e a invecchiare.
Disjecta è la sua raccolta poetica, pubblicata postuma nel 1879. Io la trovo bella, intensa, commovente. Può piacere o non piacere. Fatto sta che a riproporla, nella sua versione originale e integrale, è oggi DeComporre. Non uno dei nostri grandi editori. E allora: facciamo tesoro dei nostri piccoli.
Prendete per esempio DeComporre edizioni, casa editrice di Gaeta, piccola, coraggiosa, intraprendente. Ricca soprattutto di passione, e lo posso dire, visto che ho avuto modo di conoscere le persone che la animano.
Ecco una loro proposta: Disjecta di Iginio Ugo Tarchetti.
Chi era, Iginio Ugo Tarchetti? Nemmeno io lo conoscevo, eppure un posto nella letteratura italiana ce l'ha avuto. Siamo verso la metà dell'Ottocento. Tarchetti è un ragazzo che ha appena voltato le spalle a una promettente carriera nell'amministrazione militare. Si è trasferito a Milano, che non è più la Milano degli Asburgo e delle Cinque Giornate. E' sempre più la Milano della buona borghesia, ma allo stesso tempo è la città dove soffia una brezza di inquietudine, che chissà, forse un giorno si farà tempesta.
All'ombra della Madonnina il nostro entra in contatto con i salotti della Scapigliatura e ne diventa una delle penne più rappresentative. Scrive, scrive molto, prima di morire troppo presto, a nemmeno 30 anni, consumato dalle difficoltà economiche e dalla tisi: epilogo quasi scritto sui muri per un poeta dell'Ottocento, per uno scapigliato che come tale non immaginiamo a mettere su famiglia e a invecchiare.
Disjecta è la sua raccolta poetica, pubblicata postuma nel 1879. Io la trovo bella, intensa, commovente. Può piacere o non piacere. Fatto sta che a riproporla, nella sua versione originale e integrale, è oggi DeComporre. Non uno dei nostri grandi editori. E allora: facciamo tesoro dei nostri piccoli.
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