Una Cina priva di un tale immenso corso d'acqua è quasi impossibile da immaginare.
E' il Fiume Azzurro, anche se di azzurro ha davvero poco. O piuttosto il Fiume Lungo, nome assai più comprensibile, visti gli oltre 6 mila chilometri dal Tibet a Shangai, attraverso lo sterminato continente asiatico. E anche, e più semplicemente, il Fiume: così, per antonomasia.
In cinese, è lo Yangtze: e per noi è poco più di una reminiscenza geografica dei tempi della scuola. Difficile, in ogni caso, essere pienamente consapevoli dell'importanza di questo fiume, cuore della storia e della civiltà della Cina (e quindi, tenendo a freno le nostre visioni eurocentriche, anche del mondo).
Forse non sarebbe stato così, senza quella spettacolare inversione di rotta di cui lo Yangtze è protagonista a sorpresa, con le sue acque che dopo una corsa di milleseicento chilometri incontrano la Montagna della Nuvola. Unico tra tutti i grandi fiumi che, nati dalle grandi montagne asiatiche, non si dirige al sud, ma punta a est, ancora più a est, senza sottrarre alla Cina una solo goccia d'acqua.
Viene da pensare che proprio quelle rocce su cui si infrange lo Yangtze siano l'ombelico del mondo, il luogo in cui si è decisa un bel po' della nostra storia. Ed è questa la sensazione che mi ha lasciato il bel libro di Simon Winchester, Il fiume al centro del mondo (Neri Pozza). Titolo davvero eloquente, per un viaggio straordinario, raro, imprevedibile.
Un viaggio a ritroso, dalla foce alle sorgenti. Verso le prime acque del Tibet, verso ciò che c'è stato prima di noi. Forse prima anche della stessa Storia, con i suoi disastri, le sue vergognose tragedie.
E' il Fiume Azzurro, anche se di azzurro ha davvero poco. O piuttosto il Fiume Lungo, nome assai più comprensibile, visti gli oltre 6 mila chilometri dal Tibet a Shangai, attraverso lo sterminato continente asiatico. E anche, e più semplicemente, il Fiume: così, per antonomasia.
In cinese, è lo Yangtze: e per noi è poco più di una reminiscenza geografica dei tempi della scuola. Difficile, in ogni caso, essere pienamente consapevoli dell'importanza di questo fiume, cuore della storia e della civiltà della Cina (e quindi, tenendo a freno le nostre visioni eurocentriche, anche del mondo).
Forse non sarebbe stato così, senza quella spettacolare inversione di rotta di cui lo Yangtze è protagonista a sorpresa, con le sue acque che dopo una corsa di milleseicento chilometri incontrano la Montagna della Nuvola. Unico tra tutti i grandi fiumi che, nati dalle grandi montagne asiatiche, non si dirige al sud, ma punta a est, ancora più a est, senza sottrarre alla Cina una solo goccia d'acqua.
Viene da pensare che proprio quelle rocce su cui si infrange lo Yangtze siano l'ombelico del mondo, il luogo in cui si è decisa un bel po' della nostra storia. Ed è questa la sensazione che mi ha lasciato il bel libro di Simon Winchester, Il fiume al centro del mondo (Neri Pozza). Titolo davvero eloquente, per un viaggio straordinario, raro, imprevedibile.
Un viaggio a ritroso, dalla foce alle sorgenti. Verso le prime acque del Tibet, verso ciò che c'è stato prima di noi. Forse prima anche della stessa Storia, con i suoi disastri, le sue vergognose tragedie.
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