Ma sono solo dicerie, non è detto che siano vere. Sappiamo solo che i giapponesi sono da qualche parte là fuori, in un posto o nell'altro, e probabilmente non li incontreremo mai più in questo mondo.
Si conclude con questa voce, che non è più quella delle ragazze giapponesi che varcarono il Pacifico per cominciare una nuova vita in America, lo straordinario Venivamo per mare di Julie Otsuka (Bollati Boringhieri), uno dei libri più belli che mi sono capitati negli ultimi tempi. Si conclude con questa voce impastata di garbata rassegnazione, la voce di un'America che intende mettersi in pace con la propria coscienza, facendosi una ragione della sorte dei vicini di casa che da un giorno all'altro sparirono, rimossi e cacciati come il più subdolo dei nemici.
Però prima era loro la voce. La voce delle giovani donne "spose in fotografia", in viaggio dai villaggi del Giappone fino al porto di San Francisco, sbarcate in un mondo che era un altro pianeta, all'inizio del Novecento. Destino di mogli deciso a distanza, che sul ponte di una nave si sono scambiate speranze e fotografie. La voce di immigrate in una terra straniera in cui quasi niente andrà secondo le attese, con mariti dispotici e assenti, lavori umilianti, parole sottratte da una lingua incomprensibile.
Eppure anche figli che saranno messi al mondo, abitazioni per le quali si conquisterà decoro e persino qualche agio, gente che finalmente comincerà ad accorgersi di loro, fosse solo per scambiare un saluto per strada.
Fino al disastro di Pearl Harbour e alla decisione del governo americano di considerare tutti i cittadini americani di origine giapponese un pericolo, potenziali nemici da neutralizzare subito. Un taglio chirurgico e via: un mondo nel mondo di tutti i giorni amputato e nascosto in campi di detenzione.
Voce, anzi voci, perché il miracolo di questo libro costruito sulle storie vere, su tante testimonianze, è proprio questo. Questa voce - lirica e autentica - impastata di molte voci. Questa prima persona plurale, questo noi in cui è declinata l'intera storia. Questa storia che in realtà sono le storie. Questo noi costruito pezzo a pezzo con le storie di ciascuno.
Da leggere assolutamente, anche per riflettere su altre amputazioni della nostra storia.
Si conclude con questa voce, che non è più quella delle ragazze giapponesi che varcarono il Pacifico per cominciare una nuova vita in America, lo straordinario Venivamo per mare di Julie Otsuka (Bollati Boringhieri), uno dei libri più belli che mi sono capitati negli ultimi tempi. Si conclude con questa voce impastata di garbata rassegnazione, la voce di un'America che intende mettersi in pace con la propria coscienza, facendosi una ragione della sorte dei vicini di casa che da un giorno all'altro sparirono, rimossi e cacciati come il più subdolo dei nemici.
Però prima era loro la voce. La voce delle giovani donne "spose in fotografia", in viaggio dai villaggi del Giappone fino al porto di San Francisco, sbarcate in un mondo che era un altro pianeta, all'inizio del Novecento. Destino di mogli deciso a distanza, che sul ponte di una nave si sono scambiate speranze e fotografie. La voce di immigrate in una terra straniera in cui quasi niente andrà secondo le attese, con mariti dispotici e assenti, lavori umilianti, parole sottratte da una lingua incomprensibile.
Eppure anche figli che saranno messi al mondo, abitazioni per le quali si conquisterà decoro e persino qualche agio, gente che finalmente comincerà ad accorgersi di loro, fosse solo per scambiare un saluto per strada.
Fino al disastro di Pearl Harbour e alla decisione del governo americano di considerare tutti i cittadini americani di origine giapponese un pericolo, potenziali nemici da neutralizzare subito. Un taglio chirurgico e via: un mondo nel mondo di tutti i giorni amputato e nascosto in campi di detenzione.
Voce, anzi voci, perché il miracolo di questo libro costruito sulle storie vere, su tante testimonianze, è proprio questo. Questa voce - lirica e autentica - impastata di molte voci. Questa prima persona plurale, questo noi in cui è declinata l'intera storia. Questa storia che in realtà sono le storie. Questo noi costruito pezzo a pezzo con le storie di ciascuno.
Da leggere assolutamente, anche per riflettere su altre amputazioni della nostra storia.
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