Se Ungaretti fosse caduto, non avremmo mai letto le sue poesie. Le scriveva sui pezzi di carta che portava con sé. Forse non pensava nemmeno di pubblicarle....
Ecco, così Aldo Cazzullo ci racconta di questo poeta che io mi porto dietro sin dagli anni dell'adolescenza, soprattutto per le sue poesie scritte in trincea, parole scarne, essenziali, che sono una chiave per aprire il cuore.
Un giorno un ufficiale lo sorprese mentre si stava crogiolando al sole, indifferente ai suoi obblighi di soldato. Ebbe fortuna perché quell'ufficiale era Ettore Serra, grande figura di letterato. Invece di spedirlo alla corte marziale gli chiese chi fosse e cosa stava facendo. Scriveva poesie, gli confessò quel soldato semplice. Poi si frugò nelle tasche e gliele consegnò. Fu così che nacque la sua prima raccolta, Il porto sepolto, bellissima.
Ungaretti fece tutta la guerra da soldato semplice, soldato tra i soldati. In una lettera a Giovanni Papini spiegò: Mi sono lasciato andare cantando con gli altri soldati, e ho dimenticato me stesso.
Gli altri soldati erano i suoi fratelli, fragili come foglie in autunno. I suoi versi, scampati alla trincea, ce li hanno affidati. Vite che in realtà sono le nostre vite.
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